Automazione, AI e posti di lavoro

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Le promesse sul futuro della società e del lavoro sono che questa rivoluzione avrà solo risvolti positivi, ma i primissimi effetti non sono incoraggianti.

L’automazione ha permesso di sostituire molte mansioni pericolose e gravose. Ma non necessariamente le condizioni dei lavoratori sono migliorate. Ha anche accelerato il lavoro, obbligando le persone a stare al passo con le macchine.

Questo è certamente il caso di Amazon, i cui magazzini altamente automatizzati costringono i lavoratori a una pressione continua. Valter De Cillis lavorava come corriere per un’azienda di logistica che opera per conto di Amazon Italia, a Pisa.  Il colosso del eCommerce lo ha licenziato, dicendo che non raggiungeva l’obiettivo di consegne quotidiane prestabilite; circa 150 colli in 6 ore. Valter si batteva per avere migliori condizioni di sicurezza sul lavoro, dando successivamente vita alla campagna intitolata “Io sto con Valter“. [ video a cura di www.arte.tv ]

Ma quanti posti di lavoro verranno persi come conseguenza di questa rivoluzione tecnologica?

Secondo alcuni, una cifra astronomica, secondo altri, per ogni attività lavorativa che verrà automatizzata, se ne sostituirà un’altra, compensandone l’effetto. Kiran Garimella, autore con Peter Fingar di “AI + Blockchain” (casualmente, un testo distribuito attraverso il portale di Amazon), interrogato proprio sugli effetti compensativi risponde:

« Le compensazioni vi saranno solo in misura limitata, ci sarà una perdita netta di posti di lavoro. Quando a seguito della meccanizzazione furono persi molti posti di lavoro, se ne crearono altri a livello più alto, attività tipicamente intellettuali. Ma cosa accadrà quando proprio quei lavori intellettuali diventeranno superflui o troppo costosi? »

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D’altra parte, in un recente studio del Fondo Monetario Internazionale sugli impatti dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro si stima che, globalmente, un 40% di posti di lavoro saranno influenzati da automazione e AI. Tale l’influenza sarà variabile tra paesi avanzati e quelli a basso reddito.

  • Nelle economie avanzate, circa il 60% dei lavori sarà influenzato dall’intelligenza artificiale. Di questi, circa la metà si gioverà di una integrazione con le tecnologie AI, guadagnandone in produttività. Per l’altra metà, le applicazioni AI andranno a eseguire compiti chiave attualmente svolti da umani, la qual cosa condurrà a una minor domanda di lavoratori che, a sua volta significherà remunerazioni più basse e assunzioni in calo. Nei casi più estremi, alcuni di questi lavori scompariranno del tutto.
  • Nei mercati emergenti e a basso reddito, invece, l’influenza dell’AI sarà meno dirompente in un primo momento. Inoltre, poiché in questi paesi mancano infrastrutture e competenze per sfruttare i benefici dell’AI, aumenterà il rischio che la tecnologia, nel tempo, aumenti le disuguaglianze tra i paesi.

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Nei paesi avanzati solo il 40% dei lavori potrà ritenersi poco influenzato dall’arrivo dell’AI. Questa probabilità cresce fino a quasi l’80% nel caso dei paesi a basso reddito.

Opinione diffusa è che spetterà alla politica e alle istituzioni contenere i danni della rivoluzione AI e proteggere il benessere dei lavoratori. Come già nel 2016 veniva detto nel rapporto “Artificial Intelligence, Automation, and the Economy” realizzato da diversi dipartimenti della Casa Bianca – Economico, Finanziario, della Scienza e della Tecnologia – dell’amministrazione Obama:

« … se la AI condurrà nel lungo termine alla disoccupazione e all’aumento delle disuguaglianze, non dipenderà solo dalle tecnologie, ma anche dalle istituzioni e dalle politiche messe in campo. »

Gli emarginati lavoratori al servizio dell’AI

Molti dei progressi del AI e del machine learning si devono anche alla possibilità di avere la disponibilità di risorse umane a basso costo, da mettere a disposizione delle macchine. Sono i clickworkers

Il fenomeno del cosiddetto ghost working, operai digitali che lavorano senza contratto, solitari, senza previdenza sociale e pagati pochi centesimi al minuto, è in espansione e generalmente ignoto ai più. Sono gli emarginati della gig economy.

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Illuminante il teaser dell’azienda ClickWorker: “Best Input for your AI System”.

Usiamo la potenza del nostro esercito di clickworker per generare, validare ed etichettare i dati. La versatilità della nostra squadra di Clickworker qualificati vi assicura l’ottenimento di dati di addestramento affidabili e di alta qualità. Questa diversità ed eterogeneità rappresentano proprio quello che serve ad addestrare il vostro sistema AI in modo da renderlo potente e performante.”

E la battaglia è già cominciata

Lo scorso ottobre migliaia di scaricatori di porto e lavoratori portuali, lungo la costa orientale degli Stati Uniti e la costa del Golfo, hanno abbandonato il lavoro dopo che l’International Longshoremen’s Association (ILA) non è riuscita a raggiungere un accordo contrattuale con la United States Maritime Alliance che rappresenta i porti.

La proposta iniziale dell’ILA – fermamente contraria a qualsiasi forma di automazione – prevedeva un aumento salariale del 77% per i sei anni di durata del contratto con l’USMX, oltre al divieto assoluto di automatizzare cancelli, gru e camion per la movimentazione dei container nei porti. Dennis Daggett, vicepresidente esecutivo dell’ILA, in una comunicazione del 2 dicembre 2024 ha dichiarato: “Il sindacato non è contrario al progresso, all’innovazione o alla modernizzazione. Ma non possiamo sostenere una tecnologia che mette a repentaglio i posti di lavoro, minaccia la sicurezza nazionale e mette a rischio il futuro della forza lavoro”.

[ courtesy: TEW ]