L’impatto del cibo che mangiamo sull’ambiente e il Veganesimo
Ogni qualvolta si parli di problemi ambientali quali inquinamento o emissioni di CO2, la maggior parte di noi ha ormai compreso quanto le nostre azioni e il nostro comportamento abbiano un peso più che significativo sull’ambiente.
Ciò che stentiamo a comprendere, invece, è come ciò che mettiamo in tavola ogni giorno possa essere relazionato a tutto questo, ripercuotendosi poi sui danni arrecati al nostro pianeta. In effetti, se ci pensiamo bene, abbiamo tutti iniziato a prestare più attenzione alle nostre azioni quotidiane, ai nostri sprechi e alla riduzione della plastica, ma in quanti di noi è balenata l’idea che forse é proprio dalle nostre diete e dalle nostre abitudini culinarie che dovrebbe avere inizio un percorso che ci porti a raggiungere una maggiore consapevolezza? Questa presa di coscienza è alla base del Veganesimo.
Le nostre scelte fanno la differenza
Infatti, è proprio questo che ci sfugge: la relazione tra le nostre scelte relativamente agli alimenti che decidiamo di acquistare e includere nelle nostre diete e come questi si traducano poi in termini di impatto ambientale sul nostro pianeta e influiscano dunque sul nostro futuro o su quello delle generazioni future.
Basterebbe semplicemente iniziare da piccoli gesti, come il controllo del Paese di provenienza sulle etichette dei prodotti o tenere maggiormente in conto il tipo di alimenti con i quali stiamo decidendo di riempire i nostri carrelli, per esempio. Sono piccoli gesti che, se replicati da un numero sempre maggiore di persone, possono davvero fare la differenza.
Come dicevamo, è essenziale innanzitutto prendere in considerazione il genere di alimentazione che sarebbe opportuno adottare per ridurre il nostro impatto negativo: una dieta a base prevalentemente vegetale.
Ad alcuni, rinunciare al consumo di carne o formaggi potrebbe sembrare un sacrificio assurdo, un pensiero inimmaginabile o addirittura una scelta ingiustificabile; ma se pensiamo che la filiera legata ai prodotti di origine animale è responsabile della maggior parte delle emissioni di gas serra, allora tutto potrebbe apparire più chiaro ai nostri occhi.
Infatti, analizzando alcuni dati risultanti da una uno studio pubblicato sulla rivista “Science”, la produzione di carne e latticini risulta essere responsabile del 60% delle emissioni di gas serra all’interno del settore agricolo, oltre a richiedere l’occupazione dell’83% dei terreni agricoli. Inoltre, l’IME stima che per la produzione di 1 chilogrammo di carne siano necessari dai 5.000 ai 20.000 litri di acqua, paragonato ai 500-4.000 litri richiesti per la produzione di 1kg di grano.
Non una rinuncia obbligata, ma uno stile di vita
Se cominciassimo a uscire dalla nostra mentalità sovraccarica di preconcetti e false idee che non ci permettono di aprire i nostri orizzonti e iniziassimo invece a pensare alla dieta vegana, non come qualcosa di estremista o fuori dal comune, ma come scelta improntata su uno stile di vita sano atto a ridurre l’effetto negativo delle nostre azioni sull’ambiente, forse ci accorgeremmo che il passaggio da un’alimentazione onnivora ad una più ‘plant based’ non è poi un’impresa così impossibile da realizzare.
Una dieta sana ed equilibrata non ha necessariamente bisogno di essere integrata con prodotti animali perché, se seguita in modo corretto, apporta tutti i nutrienti necessari, essendo ormai stato sfatato anche il mito secondo il quale le proteine assunte attraverso alimenti vegetali sarebbero “incomplete”. Sulle tante domande che questo stile di vita suscita in tutti noi, può essere interessante leggere “Le 14 cose che devi sapere prima di diventare Vegano“.
Oltre ad essere rispettosa dell’ambiente e della natura, quella dei vegani (e anche vegetariani in parte) è una pratica che tiene in conto anche del benessere degli animali ed ha come fondamento motivi etici ben solidi, che la rendono, appunto, più che una semplice dieta, un vero e proprio stile di vita che mira a un trattamento più “umano” degli animali (per lo meno per quanto riguarda le loro condizioni all’interno degli allevamenti intensivi).
Il veganesimo, inoltre, é una “filosofia di vita” che sta ispirando e attraendo un numero di seguaci sempre maggiori e sta diventando sempre più popolare in tutto il mondo, convincendo anche un grande numero di aziende a dedicarsi alla produzione di sostituti della carne.
Veganesimo e Sport
Katharina Wirnitzer era nel bel mezzo dell’allenamento per la gara Bike Transalp, uno degli eventi di resistenza più difficili al mondo, quando ha iniziato a indagare se una dieta vegana fosse adatta agli atleti.
L’anno era il 2003 e il veganismo era lontano dall’attuale boom che lo ha stabilito come una delle tendenze alimentari più alla moda. Ma la Wirnitzer, una scienziata sportiva dell’Università di Innsbruck, era stata incuriosita dalla rinascita di antiche teorie che collegavano diete a base vegetale con migliori prestazioni atletiche.
I primi atleti a seguire una dieta rigorosa a base vegetale sono stati i gladiatori, ha detto. “Le scritture romane riportano che tutti i combattenti avevano aderito al gladiatoriam saginam, che era basato su alimenti vegetali, tra cui grandi quantità di legumi e cereali, e conteneva poche o nessuna proteina animale.”
Ora, quasi due millenni dopo, Wirnitzer è uno dei pochi ricercatori che cercano di andare a fondo per scoprire se il veganismo potrebbe migliorare le possibilità di successo sportivo di un atleta. Nell’ultimo decennio, ha guidato lo studio NURMI, la più ampia iniziativa finora indagando gli effetti di una dieta vegana negli sport ad alte prestazioni e ultra-resistenza.
La situazione in Cina
Pur rimanendo uno dei Paesi con il consumo di carne più elevato del mondo (con il 28% di consumo di tutta la produzione di carne mondiale), la Cina, soprattutto in questi ultimi tempi, si sta dimostrando sempre più incline a spostarsi verso alternative più vegetali.
Accanto a carne e derivati, si fanno spazio alternative e sostituti che cominciano a riempire anche i menù di fast food come KFC e Burger King.
Questo dimostra che sta finalmente avvenendo un cambiamento rispetto alle tradizioni radicate del passato che vedevano il consumo di carne giornaliero come simbolo di ricchezza e benessere. Questo cambiamento potrebbe essere il risultato ottenuto dopo una serie di linee guida e provvedimenti messi a punto nel 2016 dal governo cinese.
L’obiettivo era quello di ridurre le emissioni di carbonio e questo potrebbe aver dato vita a successivi movimenti mirati alla sensibilizzazione della popolazione cinese sull’importanza delle tematiche ambientali e la loro stretta relazione con il cibo che consumiamo. Attualmente le proteine a base vegetale, simili in gusto e consistenza alla carne, in Cina costano ancora molto di più di quelle di origine animale, il che rende ancora difficoltoso l’approccio con le persone che vorrebbero provarle.
Tuttavia, la popolazione cinese sembra orientata verso una dieta più vegetale, essendo crescente nelle persone l’interesse a trovare soluzioni più salutari e sostenibili per il pianeta. Le persone sembrano aperte a provare sapori nuovi e non sembrano refrattarie a sperimentare alternative vegetali: questo potrebbe anche derivare dall’influenza di una significativa comunità buddista nel Paese, che ha reso popolare l’uso di sostituti della carne a base di soia o funghi senza considerare che anche il tofu è sempre stato un ingrediente importante nella cucina cinese.
In conclusione, potremmo dire che l’impatto del veganesimo, non solo sta influenzando i Paesi occidentali, ma sta avendo una grande risonanza anche in Paesi come la Cina, un Paese che è sempre stato segnalato per i suoi esorbitanti consumi di carne.
Questo, forse, ci suggerisce qualcosa sulla direzione che stiamo prendendo. Quando parliamo di questo “movimento” non ci riferiamo più a una goccia nell’immensità dell’oceano, ma ad una fetta non irrilevante della popolazione mondiale che è sulla strada giusta per invitare tutti gli altri a seguire questo esempio per il benessere che apporta a noi stessi e al mondo.
Foto di Victoria Shes