Cambiare per ascoltare
Ogni organizzazione è caratterizzata da parole chiave che definiscono mission e vision dell’azienda mentre ciò che ne determina lo stile può essere ricondotto alla leadership. Il leader è colui che “esercita il potere” inteso come un elemento costitutivo e una pratica utile per garantire il funzionamento dell’organizzazione medesima e che si manifesta attraverso una relazione tra le persone, dove una di queste ha compito di comandare e le altre hanno il corrispondente compito di ubbidire.
Se questo fosse il solo modo di intendere un’organizzazione verrebbe meno il ruolo del leader, poiché sarebbe sufficiente definirlo “capo” e un tale concetto di ruolo non collima con il contesto storico attuale in cui innovazione e tensione al cambiamento sono ingredienti necessari alle aziende per stare e crescere in questo tempo.
In una intervista Umberto Eco raccontò che il primo incontro con Bompiani fu una discussione durata un intero pomeriggio. Fu così che nacque la loro collaborazione pluriennale. Non solo, Eco ricordò che a volte Bompiani gli diceva «rovesciamo tutto». Ecco in due parole la sintesi del leader.
Oggigiorno si cercano uomini per condurre organizzazioni in grado di valutare il contesto e avere il coraggio di rovesciare situazioni per cercare nuove soluzioni, perché non sempre la variante parallela risponde alle esigenze e, per trovare la variante perpendicolare, si deve capovolgere il panorama che si presenta innanzi.
Al contempo, però, l’organizzazione, in quanto tale, non può essere costituita solo da un leader, per quanto capace, ma deve avere al suo interno altre teste pensanti. Colui che gestisce il potere nell’organizzazione (piccola, media, grande) ha bisogno di collaboratori che siano in grado di affermare il proprio dissenso, molto più di quelli che condividono ed eseguono (necessari, indubbiamente, anche quelli).
L’eco della scomparsa di Eco nei media ha ricordato il Professore nel suo essere scrittore e filosofo, grazie anche alla proficua produzione di saggi piuttosto che di romanzi. L’attenzione posta in queste righe sottolinea la capacità critica che gli ha permesso di affacciarsi, a meno di trent’anni, al mondo dell’editoria.
La critica costruttiva è l’atteggiamento chiave per la crescita dell’organizzazione. Non è una parola fine a se stessa ma un comportamento concreto da attuare. Difficile, molto difficile. Per quale motivo? Perché il modello “yes, man”, o di condivisione a priori, crea uno staff di persone competenti ma specializzate, in grado di svolgere i compiti assegnati senza alcuno sforzo di visione di quello che è il contesto e l’organizzazione: atteggiamento facile, anche quando il compito è difficile.
Tutt’altro è il modello “No, thanks” che prevede competenze pari al precedente ma che richiede un’innata predisposizione alla trasformazione. Nel momento in cui si esprime un no, seguito da un grazie di cortesia, è indispensabile proseguire con un’attenta analisi, motivazioni accorte e una proposta alternativa alla richiesta ricevuta.
A questo punto si crea una situazione molto particolare: affinché il cambiamento possa avere inizio è necessario che i due attori, leader e collaboratore, siano in grado di ascoltare. Accade spesso che non si voglia ascoltare tutto ciò che potrebbe comportare un cambiamento. Eppure, non si può cambiare senza ascoltare. Allora forse si deve cambiare per ascoltare.
Chiara Stival
Chiara Stival si è laureata nel 1999 in Lingue e Letterature Orientali con una tesi sull’arte indiana presso l’Università Ca’ Foscari a Venezia. Ha sempre affiancato il lavoro in aziende private e pubbliche, area commercio estero e gestione risorse, con la passione per lo studio e la ricerca. Membro del Consiglio Direttivo della VAIS, dal 2009 è responsabile della collaborazione editoriale e grafica della collana Quaderni di Indoasiatica. Collabora dal 2015 con Italiandirectory come redattrice per la Cultura e l’Arte.