Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello di feltro grigio, 1887, olio su tela, cm 44,5 x 37.2. Van Gogh Museum (Vincent van Gogh Foundation), Amsterdam
Si è inaugurata il 10 ottobre a Padova l’esposizione, curata, da Marco Goldin dal titolo Van Gogh, i colori della vita.
La mostra di Van Gogh è aperta fino al 11 aprile 2021 al Centro San Gaetano, opportunamente risistemato dal Comune secondo gli standard di sicurezza internazionali si avvale di un centinaio di opere, tra dipinti e disegni, tra le quali 80 sono dello stesso artista.
Figurano inoltre altri lavori di diversi autori che hanno contato per la vita nelle vicende di Vincent Van Gogh.
La mostra: Van Gogh i colori della vita si apre con una gigantografia dove vengono riportate alcune frasi di Van Gogh in una lettera che scrisse al fratello Theo il 7 agosto del 1883: “Ho un debito nei confronti del mondo, e anche l’obbligo – perchè ci ho camminato sopra per trent’anni – di lasciargli in senso di gratitudine qualche ricordo in forma di disegni o di quadri – che non sono stati fatti per piacere all’una o all’altra tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero”.
Insieme al Catalogo, edito dalla Casa di Teseo, Marco Goldin ha curato un’audioguida, che consiglio al visitatore di ascoltare: in un’ora, lo stesso curatore ci conduce per mano raccontandoci la vita e le opere dell’artista riuscendo a coinvolgerci con la calda voce di un attore, attraverso il sentimento espresso nelle numerose lettere che Van Gogh scrisse all’amato fratello Theo.
La mostra è divisa in 7 sezioni
PRIMA SEZIONE: Il pittore come eroe, Francis Bacon guarda Van Gogh.
Il percorso espositivo inizia, come dice il curatore della Mostra, volendo mettere le cose a posto nella vita dell’artista, evidenziando il fatto che Van Gogh non era assolutamente pazzo ma, al contrario, lo si definisce come un eroe, una specie di Mosè davanti al quale si aprono le acque del mare, un personaggio che ha anticipato il futuro e dove molti si sono messi sulla sua scia per cercare di seguirlo.
Nella prima sala campeggiano tre grandi opere di Francis Bacon. Sono dei quadri di grande formato, tra 1 metro e mezzo ed oltre i due metri di altezza, esposte nel marzo 1957 nella Hanover Gallery di Londra. Uno tra i più famosi artisti contemporanei (1909-1992) trae l’ispirazione per raffigurare Van Gogh dopo aver vissuto, tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50, in Provenza proprio nei luoghi teatro della vita dell’artista.
Bacon si era imbattuto in una monografia pubblicata nel 1945 da Phaidonda, una famosa casa editrice tedesca. In questa si illustrava un quadro di Vincent di circa 50 cm. di lato, eseguito in studio e non all’aperto, nell’estate del 1988, che fu distrutto in seguito ad un bombardamento degli alleati su Magdelburgo, durante la seconda guerra mondiale.
In questo quadro intitolato il pittore sulla strada di Tarascona, ora conservato nel Kaiser Friedrich Museum, l’artista stesso si raffigura con il cappello di paglia, il cavalletto sulle spalle, la tela sottobraccio a sinistra e la cassetta dei colori nella mano destra.
È un viandante in perenne cammino dove il nero, il blu ed i verdi appaiono come elementi fondamentali. Goldin ci descrive la sua immagine di Bacon che “dipinge la sua avversità del destino, colui che aveva la necessità di dipingere per raccontare, colorare una tela per indicare una strada difficile da percorrere”…
Bacon dedicò 6 dipinti a Van Gogh. Nel dicembre del 1956 dipinge il primo quadro, qui esposto, dove le striature gialle del cappello, insieme alle bretelle forti di luce propria, si stagliano sull’oscuro di una notte tenebrosa.
La figura dell’artista appare, tra il verde scuro della vegetazione, come un’immagine spettrale, tanto da apparire irriconoscibile, pur delineandone il viso, nell’interpretazione, tanto cara a Bacon, nella sua personale visione che deforma e trasfigura in un lavoro di introspezione, tipico dei suoi dipinti.
Francis Bacon, Studio per un ritratto di Van Gogh IV, 1957, olio su tela, cm 152,4 x 116,8 Tate, Londra dono della Contemporary Art Society 1958 © Tate © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved by SIAE 2019
Nel secondo quadro il pittore ha il viso e il corpo che contrastano con il braccio, il fianco ed il cappello giallo chiaro.
Il viso stesso scompare intravedendone solo i contorni mentre la figura viene illuminata di fronte, anziché in controluce come nel quadro originale di Van Gogh, con la sua ombra che assomiglia, come lo paragona Goldin, “ad un uccello rapace pronto a ghermirlo”. Ma Bacon lo interpreta piegato sulle gambe, che si incammina a fatica, con il peso sulle spalle di tutti i problemi che lo attanagliano. La sua ombra, vista già nello stesso quadro di Van Gogh, questa volta è posta di spalle in una specie di percorso che sembra non aver mai fine.
Infine nel terzo quadro, a mio avviso forse il più straordinario, alla strada in prospettiva con ai lati alberi dipinti in verosimiglianza, si contrappone una fantasmagorica composizione di colori. Il dipinto si evidenzia come una simbolica ombra del personaggio Van Gogh il quale sembra destreggiarsi in infinite varietà cromatiche che si aprono al suo passaggio, a partire dal rosso sangue in primo piano, metafora delle ferite e delle sofferenze dell’artista.
In questo modo, con questi tre grandi dipinti di Bacon parte la Mostra spiegata così da Marco Goldin: “Un Artista con il suo cavalletto, il suo mondo sulle spalle, il pittore eroe che si adopera, con tutto sè stesso, per cercare di dare testimonianza della sua pittura”.
SECONDA SEZIONE: “Gli anni della formazione – Dalla miniera da Marcasse a Etten”.
La mostra vera e propria si apre con due disegni realizzati tra il settembre e l’ottobre del 1880 e una gigantografia della miniera dove Van Gogh inizia a lavorare come predicatore laico. La storia di Van Gogh nasce infatti nei due anni in cui trascorre in Belgio, tra il 1878 e il 1880, nella miniera di carbone di Marcasse, nel Borinage, nei pressi della città di Mons. Un luogo di archeologia industriale dove l’artista esegue i suoi primi lavori.
Nel primo disegno esposto in sala, eseguito nel settembre del 1980 di una sessantina di centimetri, i minatori nella neve, si vedono i padiglioni della miniera nel fondo con i minatori che si recano al lavoro.
Un disegno lieve, con qualche tocco di colore monocromatico, dove le figure che camminano in primo piano tra cespugli ed improbabili alberi appena abbozzati, sembrano sovrapporsi tra loro in uno sfondo che appare su di un unico piano. Alla metà dell’ottobre del 1880, Vincent van Gogh prende la decisione di diventare artista. Chiude la sua esperienza di predicatore alla miniera e parte per Bruxelles dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti.
Alla fine di Aprile raggiunge i due genitori in Olanda, ad Etten, dove il Padre era diventato Pastore della comunità.
In questo periodo, tra il 1880 e il 1881, approfondisce i temi del disegno senza eseguire alcun dipinto ma, nei primi sette mesi vissuti ad Etten, si iniziano a trovare le prime tracce di colore in acquerello. Rappresenta contadini, zappatori e seminatori, quest’ultime figure tanto care a Van Gogh, come coloro i quali riescono a far crescere la vita dalla terra.
A differenza dei disegni precedenti qui si vede il rapporto con il vero e con il paesaggio e si inizia a capire quanto la natura sia per lui importante tanto da accompagnarlo, nelle sue creazioni, per tutti gli anni a venire.
Vediamo mulini a vento, file di alberi in uno specchio d’acqua in un giorno di pioggia.
Sono una trentina i quadri esposti di questo periodo insieme a donne anziane, quasi sempre di fronte ad una finestra, che cuciono oppure si ritrovano assopite.
[su_box title=”Gianfranco Missiaja”][su_custom_gallery source=”media: 14363″ title=”never”]Gianfranco Missiaja, architetto e artista, ha esposto le sue opere in più di 90 Mostre internazionali. Ha pubblicato numerosi testi di critica e storia dell’Arte e una Guida alla 57a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia.
Potete visionare e acquistare i suoi lavori sul suo e-commerce Venicegalley.it[/su_box]