Vacanze Romane: Ermanno Fugagnoli

Recensione di Franco Avicolli

Il racconto del viaggio è ciò che accade dopo, è un ritorno, un viaggiare nel viaggio divenuto canovaccio, un riandare a momenti solo osservati che richiedono la rivisitazione per diventare cifra dell’accaduto e senso. Ed è un ritorno dove può anche accadere di ritrovarsi in una spirale che gira attorno ad un unico asse, in una dimensione che rassicura e nello stesso tempo imprigiona, odora di pericolo scampato e dice di che cosa è fatta la sicurezza. Forse è anche nuova vita e non a caso si usa collegare la partenza con la morte.

In Vacanze romane, Ermanno Fugagnoli racconta di una visita di sei giorni che il protagonista e suo figlio Gabriele fanno agli zii che si trovano a Roma. Le circostanze, i luoghi e i personaggi sono congegnati in modo che il tempo e lo spazio possano alternarsi, incrociarsi e mescolarsi, diventare viaggio interiore.

Lo zio Giancarlo, a Roma da una vita, è accogliente e ha una “impressionante rassomiglianza” con la madre del protagonista. Fin dalle prime pagine si percepisce così, che il viaggio ha a che vedere con il desiderio di ritornare su qualche episodio della vita non sufficientemente metabolizzato, giacché “ogni cosa ha il suo tempo e ogni tempo ci pone davanti le cose che gli sono proprie”.

Nella narrazione si insinua la ricerca di una qualche verità di cui le cose sono portatrici; ma non bisogna forzare la mano e attendere che siano esse stesse a dire. L’azione del breve romanzo o del racconto lungo, che sembra essere il genere più congeniale alla penna di Ermanno Fugagnoli, si dipana su più piani e come a voler corrispondere ad un andare che ritorna su se stesso per il timore di non aver trovato tutto quello che cercava.

Lo scrittore narra seguendo una specie di ragionamento in cui “si dice” – “mi dicevo” è una locuzione frequente – e si ridice come volesse accertarsi di essere proprio nel punto dove si trova. Ci sono, perciò, alcuni momenti del racconto che prevalgono su altri proprio per il desiderio di vedere e rivedere ciò di cui si dice.

E’ un artificio retorico che ama la parola e il ragionamento, ma anche una scrittura che cerca sensi nella narrazione in sé, nella modalità di costruire linguisticamente il testo. Tale stile si affida di preferenza al ritmo, alla capacità evocativa del suono, alle sospensioni e alle ripetizioni, ad un andare che torna su se stesso. Ed è uno stile che Fugagnoli ha già mostrato di conoscere con adeguata sapienza con Afa e Il ventre della suocera, due racconti che ha riunito in Assoli, uscito lo scorso anno.

La narrazione di Vacanze romane comincia appunto con il treno che è ritmo, tanto per intenderci, è velocità, ma anche pericolo, incidente in agguato e con possibili varianti, è paternità messa in allerta per la presenza di Gabriele e quindi racconto che si muove nelle tante possibilità che corrono con il treno. Così l’arrivo può essere doppiamente felice per la meta raggiunta e perché è il luogo dove padre e figlio giungono “vivi e in perfetta salute”.

E pare che sia proprio questa gioia ad annunciare l’atmosfera della vacanza in una Roma dove il narratore sente che mentre cammina gli “si allarga il cuore” e che la metropolitana ha “l’alito caldo e umido” di corpo con un cuore. La città diventa con pochi passi familiare come lo sono gli zii e lo zio Giancarlo “mia madre al maschile”. Il viaggio a Roma è allora una specie di ritorno a casa dove Gabriele può rivivere le emozioni che suo padre ritrova in un proprio viaggio interiore che procede con analogie, raffronti, somiglianze, associazioni. E quando Gabriele gli domanda a che cosa pensi, “a niente”, risponde, perché ha “addosso l’aura dei sogni“ , in cui “non solo penso, ma anche vivo nella straordinaria e conturbante sensazione di camminare dentro me stesso mentre cammino per Roma”.

Roma è descritta con una delicatezza che ben si accorda con quella sua condizione di “città eterna”, ossia tempo dell’anima che permette al protagonista di “ritrovare i luoghi interiori perduti”, di riportare il tutto ad un’atmosfera familiare che è il presente degli zii e del figlio, ma anche il loro ricongiungimento con vicende personali, come la morte della madre che ancora duole per le modalità in cui si è prodotta.

Anche Gabriele ritorna a Venezia con il suo trofeo, ed è lingua conquistata e forse nuova sapienza tutta racchiusa in quel breve teribbile di romana memoria che lancia con un sorriso al padre.

Ermanno Fugagnoli, Vacanze romane, Supernova, Venezia, 2019, Euro 10,00

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