Nella fotografia, il team di ricerca: da sinistra Francesco Roncato, Margherita Morpurgo, Elisabetta Casarin, Elena Porcù, Giampietri Viola, Fatlum Rruga.
La ricerca del team padovano guidato da Margherita Morpurgo è stata pubblicata su Nature Communications.
Il lavoro del gruppo di riceca padovano, dal titolo “Improvement and extension of anti-EGFR targeting in breast cancer therapy by integration with the Avidin-Nucleic-Acid-Nano-Assemblies”, ha dimostrato che, per trasportare un farmaco verso il tumore, è più efficace legare l’anticorpo a una nanoparticella ANANAS invece che al farmaco stesso. Inoltre con questa metodologia si può aggredire il tumore al seno “triplo negativo”, ad oggi senza cura farmacologica.
Nanoparticella ANANAS, di cosa si tratta? Ce lo spiega la Professoressa Morpurgo:
La Nanoparticella “ANANAS” nasce dalla combinazione tra uovo e acidi nucleici, utile per la diagnosi e per il trasporto di farmaci. Pensate a nanoparticelle intelligenti e biodegradabili su cui potete caricare un farmaco: lo porteranno dove serve, ne rilasceranno quanto serve, e non avranno effetti collaterali, dal momento che sono biocompatibili e non lasciano residui.
Attualmente la terapia oncologica personalizzata si avvale di piccole molecole o anticorpi monoclonali in grado di riconoscere e aggredire specifici segnali/cascate metaboliche tipiche della patologia nei pazienti target, oppure di molecole ibride costituite da anticorpo e farmaco legati assieme (anticorpo-drug-conjugate – ADC), nelle quali l’anticorpo funge da trasportatore per il farmaco portandolo verso le cellule malate.
Nel lavoro pubblicato su «Nature Communications», usando una classe di nanoparticelle (ANANAS) sviluppate all’Università di Padova dal team di ricerca guidato dalla Professoressa Margherita Morpurgo, si è dimostrato per la prima volta la superiorità dell’uso delle nanoparticelle rispetto a farmaci classici e alle molecole ibride anticorpo-farmaco. Tutto ciò, nel contesto del tumore al seno “triplo negativo” (TNBC), una forma particolarmente grave di tumore che non risponde a nessuna terapia. Un anticorpo e un farmaco chemioterapico inefficaci in questo tumore, se opportunamente combinati con una nanoparticella ANANAS, riescono a superare le resistenze del tumore.
Dice la Professoressa Morpurgo:
Nello specifico abbiamo creato una nanoparticella che unisce un anticorpo terapeutico, il cetuximab, e un farmaco, la doxorubicina, (entrambi inattivi nel combattere il TNBC). I risultati della ricerca dimostrano in vitro e in vivo che, mentre entrambi i farmaci da soli o uniti fra di loro nel complesso ADC sono inefficaci, la nuova nano combinazione diventa estremamente efficace anche a dosi molto basse di ciascun componente, di fatto bypassando le difese che il tumore ha sviluppato contro la terapia.
Si tratta quindi di una doppia scoperta: da un lato il lavoro dimostra la superiorità di un approccio nanotecnologico; dall’altro, che si può aggredire il tumore al seno “triplo negativo”, ad oggi senza cura farmacologica, con una innovativa nano-combinazione efficace anche in dosi molto basse.
E’ la prima volta che viene fatto un confronto quantitativo tra un approccio “classico” e l’uso della nanomedicina – continua Margherita Morpurgo – La dimostrazione della superiorità di questa ultima ha un significato importante per tutti coloro che lavorano in questo settore. Ad oggi, questa ricerca ha ricevuto pochi finanziamenti dedicati e la scoperta è frutto dell’entusiasmo di tutti coloro che ci hanno lavorato. Con questo risultato, che mette insieme tecnologie frutto di 15 anni di lavoro, ci sentiamo pronti ad ambire a finanziamenti “più strutturati” con i quali vorremmo accelerare la nostra ricerca, estendendola a più tumori oggi senza cura, oltreché accorciare la strada verso la traslazione al letto dei pazienti.
La ricerca, nata dal Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova, è stata condotta con la collaborazione del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino e il Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia e dall’Istituto Weizmann in Israele.
I costi dell’approccio nanotecnologico
Come sottolinea Giampietro Viola dell’Università di Padova, coautore della ricerca, i costi più elevati sono giustificabili solo in base a risultati forti e decisivi:
Lo sviluppo di un farmaco basato sulla nanomedicina è più costoso di quello di un farmaco classico e ci vogliono delle motivazioni reali per giustificare questo sforzo. I risultati che abbiamo ottenuto sono veramente interessanti e sono sostenuti da una spiegazione meccanicistica a valore dell’approccio nanotecnologico. I dati portano speranza in contesti dove le terapie oggi disponibili non funzionano.
Secondo Roberto Ronca dell’Università di Brescia, questo lavoro dimostra la possibilità di utilizzare chemioterapici estremamente potenti, riducendone le dosi necessarie ed evitando i pesanti effetti collaterali.
L’efficacia terapeutica di queste nanoparticelle “istruite e direzionate” per portare il farmaco direttamente al tumore offre la possibilità di utilizzare a basse dosi antiblastici/chemioterapici estremamente potenti evitando i pesanti effetti collaterali. Inoltre, questo medesimo approccio può essere replicato per altri tipi di tumore per i quali non ci sono opzioni terapeutiche valide.
Il team di ricerca: Francesco Roncato, Fatlum Rruga, Elena Porcù, Elisabetta Casarin, Roberto Ronca, Federica Maccarinelli, Nicola Realdon, Giuseppe Basso, Ronen Alon, Giampietro Viola e Margherita Morpurgo.