Sicurezza in autostrada: il safety tutor non basta

Uno studio dell’Università di Trento pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Economics of Transportation ridimensiona la tesi secondo cui il dispositivo safety tutor avrebbe migliorato la sicurezza in autostrada e portato a un dimezzamento degli incidenti mortali.

La sicurezza in autostrada aumenta con il safety tutor?

Introdotto nel 2005 il safety tutor, come deterrente per l’alta velocità, in 12 anni ha contribuito a un calo degli incidenti gravi, ma meno di quanto annunciato. Un aumento di un decimo della copertura autostradale con il Safety Tutor corrisponde a una riduzione media degli incidenti gravi del 3.9%, mentre non c’è evidenza di un effetto positivo del dispositivo sulla riduzione degli incidenti mortali.

L’analisi condotta con tecniche econometriche esclude altri fattori che agiscono positivamente sulla riduzione degli incidenti, come le migliori prestazioni delle auto e delle autostrade stesse in termini di sicurezza.

Gli sforzi messi in campo per migliorare la sicurezza sulla rete autostradale italiana hanno permesso negli ultimi anni di ridurre sensibilmente il numero di incidenti. Da oltre 11.300 con 600 morti del 2001 il numero degli incidenti si è ridotto nel 2017 a poco più di 6.300 con circa 230 morti (Rapporto Aiscat 2017).

Ma molto c’è ancora da fare e sono numerosi i progetti avviati per abbassare ulteriormente questi numeri. Uno degli strumenti più noti in questo senso è il Safety Tutor, sistema di sorveglianza autostradale della velocità media dei veicoli, introdotto alla fine del 2005 da Autostrade per l’Italia in sinergia con la Polizia stradale come deterrente contro l’alta velocità e come sistema di controllo.

sicurezza in autostrada e incidenti

Uno strumento subito salutato come una svolta per la riduzione degli incidenti. Uno studio condotto dal Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento (altri articoli dei ricercatori UniTN) e pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica Economics of Transportation mette però alla prova la reale efficacia di questo dispositivo nella riduzione di incidentalità e mortalità.

A condurre l’indagine, Mattia Borsati e Michele Cascarano, dottorandi in Economics and Management all’Università di Trento, e Flavio Bazzana, direttore del Dipartimento di Economia e Management dell’Ateneo trentino: «Abbiamo voluto analizzare i dati cercando di escludere altri fattori che contribuiscono in modo diverso al miglioramento della sicurezza, come il minor traffico autostradale dovuto alla crisi economica, i miglioramenti stessi della rete autostradale e il progresso tecnologico dei veicoli in termini di dispositivi di sicurezza.

La novità del nostro studio – spiega Borsati – sta nell’utilizzo di un dataset longitudinale e di metodi statistici per l’inferenza causale.

L’analisi econometrica dei dati che abbiamo utilizzato, riguardanti il numero di incidenti avvenuti tra il 2001 e il 2017 su tutti i 50 settori autostradali italiani in concessione (ovvero, sia quelli esposti all’utilizzo del Safety Tutor, sia quelli privi del dispositivo), mostra come un aumento di un decimo del rapporto tra i chilometri autostradali coperti con questo dispositivo e i chilometri totali della tratta corrisponda a una riduzione degli incidenti con feriti del 3,9% circa.

A fronte di questo effetto positivo ma limitato, non abbiamo riscontrato evidenze empiriche sufficienti dell’effetto positivo del Safety Tutor sulla riduzione degli incidenti mortali».

Secondo lo studio, la diminuzione della mortalità autostradale registrata negli ultimi quindici anni potrebbe essere dunque attribuibile a un mix di fattori, tra i quali l’innovazione tecnologica dei veicoli e della manutenzione stradale, indipendenti dall’introduzione del Safety Tutor.

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