Niente di umano all’orizzonte | Intervista a Diego Tonini

Niente di umano all'orizzonte Diego Tonini libro

Una volta eravamo ricchi e soddisfatti e quella è stata la nostra rovina, perché quando stai troppo bene non hai voglia di lottare e rischiare tutto, preferisci perdere qualcosa, lamentarti ma tenerti stretto il resto.
Ed è così che è iniziata: niente guerre, niente cataclismi, qualcuno si è arricchito sulla nostra pelle lanciandoci tozzi di pane per tenerci tranquilli e, quando il pane non bastava più, ci ha detto che la colpa era degli altri, di quelli più poveri che volevano stare un po’ meglio, e noi abbiamo voluto crederci, perché era più facile dare la colpa a qualcuno piuttosto che ammettere di essere stati complici silenziosi.

Nessuno sconto. Lo sguardo di Tonini è oggettivamente amaro, osserva con criticità il presente e ne trae spunto per immaginare un futuro prossimo. Niente di umano all’orizzonte (Scatole Parlanti, 2019) è una raccolta di racconti che proietta il lettore in una serie di possibilità che potrebbero verificarsi a breve. Certo, alcune ipotesi sono distopiche e distanti: ma quanto distanti e quanto distopiche? Se si osserva la velocità del susseguirsi di cambiamenti avvenuti nell’ultimo secolo, si potrà notare che l’impennata temporale può riservare sorprese inaspettate in un Tx non così lungo.

Tonini racconta storie liquide, prendendo in prestito l’aggettivo usato da Bauman nel suo saggio Vita liquida quando definisce liquido il tipo di vita che si tende a vivere nella società liquido-moderna. «Una società può essere definita “liquido moderna” se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo» (*).

La forma del racconto è simile a uno scatto fotografico: narra una breve storia, senza occuparsi di quanto è accaduto prima né del prosieguo; le storie raccontate da Tonini sono un fermo immagine in una storia liquida che scorre sotto i nostri occhi, lui prova a immaginare in quale modo può modificarsi tale fluire.

(*) dall’introduzione di Zygmunt Bauman, Vita liquida, Laterza, 2006, trad. M. Cupellaro.

Tredici racconti

Qual è il filo che unisce i racconti? Il tentativo di dare una risposta al titolo della raccolta: davvero non c’è niente di umano all’orizzonte? Tonini si ispira a situazioni quotidiane per spingersi in un mondo virtuale e immagina quali possono essere le conseguenze del superamento di un limite che si potrebbe definire etico anche se qui lo chiamiamo semplicemente umano. I contesti sono vari, dall’ambiente lavorativo (stress da sovraccarico di richiesta di prestazioni o selezioni che prevedono prove assurde) a quello sociale urbano come “Chiacchiere da parrucchiera” o “Scafisti” oppure mondiale come “Influenza” e “Epistemologia tribale”. Tonini affronta un argomento delicatissimo in “Torniamo a casa” legato al rapporto padre-figlio (inteso come genitore-figlio/a) e al testamento etico.

A differenza della struttura di un romanzo, il racconto permette allo scrittore di raccontare brevi storie, isolandole dal contesto, senza la necessità di caratterizzare approfonditamente il personaggio o il paesaggio, ma mostrandone solo dei tratteggi. Tonini sceglie abilmente, racconto per racconto, a quale protagonista lasciare la scena principale, sia esso un essere umano, una fabbrica o un progetto interstellare. Sembra che questi tredici racconti nascano da due bisogni dell’autore: quello di scrivere (i libri, la lettura e la scrittura emergono come necessità) e quello di proporre delle discussioni.

Intervista

Dopo un romanzo hard boiled e uno fantasy, una raccolta di racconti dedicata all’investigatore Vince, arriva Niente di umano all’orizzonte, cosa è successo?

In realtà, da lettore, la fantascienza è sempre stata il mio grande amore ma, da scrittore, non mi azzardavo ad affrontarla perché, complice anche la mia formazione scientifica che mi rende un lettore meno ingenuo e più difficile da convincere, ho sempre pensato di non avere la giusta preparazione e le capacità per realizzare un’opera a carattere fantascientifico. Con questi racconti ho voluto sfidare me stesso e cimentarmi nel genere anche se non si tratta di fantascienza cosiddetta hard ma più che altro di racconti che esasperano alcuni aspetti tecnologici già presenti nella nostra società. E non ho cambiato genere! scrivo sempre letteratura fantastica, solo che declinata in una forma un po’ diversa.

Lo stile è invece mutato in maniera naturale, ho scritto in modo da adattarmi al tema dei racconti e, spero, col tempo sono diventato un po’ più bravo.

Guardando il tuo percorso di scrittura, hai lasciato il romanzo per il racconto: è così oppure è solo una sperimentazione?

Io sono molto affezionato al racconto, sia come lettore che come scrittore, anzi ho più difficoltà con i testi lunghi, preferisco la letteratura breve, in cui ogni parola conta perché non puoi sprecarne troppe per allungare il brodo. Io sono sempre stato fedele al racconto, infatti Storie di Okkervill, il fantasy, è una “quadrilogia in volume unico” come mi piace chiamarlo, perché raccoglie sotto forma di romanzo quattro racconti lunghi precedentemente pubblicati in ebook; mentre Nella botte piccola ci sta il vino cattivo che è un romanzo, è piuttosto corto.

Quanto incide la tua origine scientifica sul percorso narrativo?

Devo molto alla mia formazione scientifica, sia perché ha formato il mio modo di pensare e ragionare sulle cose, sia per quello che ho imparato. C’è una percezione piuttosto deviata dello scienziato o del ricercatore, oggigiorno: si pensa sempre a persone focalizzate sul loro lavoro, incapaci di apprezzare il bello della vita, ma quelli in realtà sono gli ingegneri! (scherzo). Credo comunque che la ricerca scientifica e l’arte, in particolar modo la letteratura, abbiano molte cose in comune: uno scienziato impara tutta una serie di regole che poi usa per scoprire e creare qualcosa di nuovo, anche a costo di infrangere quelle stesse regole, proprio come fa un bravo scrittore che usa le regole della lingua e dello stile per produrre la sua opera. Sia la scienza che l’arte sono atti profondamente creativi.

Sei un osservatore attento della contemporaneità: quanto lontani sono i tuoi racconti distopici da oggi?

Tutti i racconti di Niente di umano all’orizzonte partono dalla suggestione che mi ha dato la lettura di una notizia o comunque da qualcosa di reale, esagerato e portato alle estreme conseguenze, per ovvie esigenze narrative, per cui credo che ci siamo abbastanza vicini, nel bene e nel male. Spero, nel mio piccolo, di aver dato qualche spunto di riflessione sulla strada che sta prendendo la nostra società, non ho mai voluto fornire risposte con quello che scrivo, sono più uno scrittore da intrattenimento ma, se magari qualcuno mentre legge i miei racconti, sentirà lo stimolo ad informarsi a riflettere un po’ più approfonditamente su quello che sta succedendo nel mondo e su quali saranno le conseguenze, vorrà dire che pubblicare il libro non è stato uno spreco di carta.

Intelligenza artificiale: quanto ti interessa questo tema?

Moltissimo! Nonostante tanta letteratura, cinema e TV, le intelligenze artificiali di oggi sono ancora abbastanza “stupide” e anche se molte notizie sembrano descrivere una realtà molto simile a quella di Terminator, siamo molto lontani dalle macchine che si ribellano ai creatori. È però interessante riflettere sul tema, soprattutto sul concetto di autocoscienza: cosa succederà quando, o se, una macchina prenderà coscienza di sé e comincerà a riflettere sulla sua esistenza? Il tema non è solo accademico, perché pone interrogativi interessanti, anche su noi stessi: creare una macchina che ragiona e si interroga sulla sua natura proprio come fosse un essere umano ridimensionerebbe notevolmente il nostro ruolo di esseri “speciali” nell’universo e ci farebbe riflettere sul concetto stesso della nostra natura di esseri umani, di anima, di Dio… insomma una roba da attorcigliare il cervello!

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Oltre alla mia collaborazione continua con la rivista Digressioni, per cui scrivo saggi e racconti, scrivo sempre un sacco di cose che spesso poi non concludo. In particolare in questo momento sono al lavoro su:

– un romanzo post-apocalittico ambientato a Treviso;

– una storia realistica che trae origine da un viaggio che ho fatto;

– un altro romanzo di fantascienza che potrebbe fare da sequel a uno dei racconti presenti in Niente di umano all’orizzonte.;

Ovviamente non ho idea se una di queste cose riuscirà mai a vedere la luce!

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Per saperne di più su Diego Tonini visitate il suo sito oppure leggete altri suoi articoli.

Immagine di copertina: Ph. Margherita Garcìa Stancadiguerra.

Informazioni su Chiara Stival 115 Articoli
Chiara Stival è curatrice dei canali arte e cultura per Italiandirectory e copywriter per i contenuti web e social media di alcuni clienti del magazine. Promotrice di eventi artistici e rassegne letterarie, è stata editor della collana Quaderni di Indoasiatica per passione e formazione universitaria dedicata all’India. Il suo blog è chiarastival.com, potete visitare il suo profilo su Linkedin, Facebook e Instagram.