Il sedicesimo compleanno | Racconto di Giusy Chiaramonte

Il sedicesimo compleanno - racconto di Giusy Chiaramonte - Photo giardino giapponese

C’è un compleanno più importante di un altro? C’è una data per prendere una decisione?

Il racconto di Giusy Chiaramonte ci porta in un altro continente, in una dimensione nota per lo stile minimalista e la cura dei giardini ed è quanto ritroviamo nelle sue parole: una scrittura essenziale e un giardino che fa da sfondo a un giorno particolarmente atteso: il sedicesimo compleanno di Nico.

Buona lettura.

Il sedicesimo compleanno

Quando Nico lasciò il Giappone aveva sedici anni.

Aveva deciso di partire molto tempo prima ma si era imposta di aspettare il sedicesimo compleanno.

Aveva atteso, rimandando i pensieri, non lasciando che prendessero più forma di quella destinata a una decisione certa, da concretizzare nei dettagli.

Dettagli che divennero, in un secondo momento, un biglietto aereo, un passaporto immacolato e una valigia con pochi vestiti e una fotografia soltanto.

Per tutto quel tempo, ogni volta, aveva semplicemente stretto i pugni, respirato e continuato a muovere i passi nel tempo che l’aveva portata, dritto e certo, al momento esatto del suo compleanno.

Quella mattina, entrando nell’enorme cucina aveva trovato Nanà che, con gli occhi vecchi e pieni di taciturna gioia, stava decorando una torta.

Concentrata, si piegava sul lungo bancone bianco, lucidissimo, passando la sacca di cotone sulla glassa scura e lasciando, ad ogni movimento, piccoli fiocchi di crema rosa regolari e vicini tra loro.

Nico si sedette sullo sgabello vicino al banco, guardando il riflesso delle proprie gambe sulla vetrata che dava al giardino.

La gonna della divisa scolastica stirata la faceva sentire piccola. I piedi non arrivavano a terra.

Seduta così, sullo stesso posto dove ogni mattina faceva colazione sola, con Nanà che girata di spalle, le augurava le cose più belle per la sua giornata.

Dietro il vetro, il vecchio giardiniere le fece un cenno di rispettoso saluto.

“Auguri bambina mia..”. La voce di Nanà era quella di un’anziana che, comunque, resiste.

“I vostri genitori si sono premurati che io vi porti i loro auguri. Vostra madre voleva lasciarvi un biglietto, ma è dovuta uscire. Ha ricevuto una telefonata, sapete..”.

Nico non rispose. Si girò a guardare il vecchio giardiniere. Tagliava con cura una siepe già perfettamente potata.

Un attore pagato dai suoi genitori per un ruolo necessario a rendere il quadro perfetto.

Nico si chiese se avesse sete o fosse stanco, o se anche a lui desse fastidio il sole.

Nanà nel frattempo aveva tagliato una grossa fetta di dolce e le si era avvicinata.

“Sapete quanto sono indaffarati con il loro lavoro..”.

Nico non rispose, non le importava.

L’attesa impaziente dei primi compleanni, che aveva passato con le mani sulle vetrate, fissando il lungo viale d’ingresso, era finita il giorno del suo sesto compleanno.

La sera erano rientrati e l’avevano salutata distratti continuando a parlare di lavoro.

Quando Nanà era accorsa per consolarla, l’aveva trovata perfettamente immobile, seria.

“Bambina mia..”.

Lei non aveva pianto. Era rimasta inerte in quell’abbraccio caldo.

Nonostante negli anni non avesse più ricambiato gli abbracci della governante, non aveva mai smesso di farsi abbracciare.

Tranne quella mattina.

Quando Nanà si era avvicinata, Nico si era d’istinto scostata, fermandola con la mano.

Doveva partire, era il suo sedicesimo compleanno.

Nanà chiuse forte gli occhi, stringendo tra le mani lo strofinaccio con cui aveva asciugato le tazze.

Dietro il vetro, il giardiniere si era fermato e con la mano dietro la schiena, piegava la testa al sole.

Nanà accarezzò il bancone, vicino al piatto con la fetta che Nico non aveva toccato.

“Vieni bambina mia, ti aiuto a fare la valigia..”

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Immagine di copertina: Villa imperiale di Katsura Katsuramisono, Nishikyo Ward, Kyoto, Ph. © Cristina Gobbo

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