Mostra del cinema di Venezia: Roma di Alfonso Cuaron

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Alla Mostra del cinema di Venezi 15 minuti di applausi hanno salutato, nella  Sala Grande della Mostra del Cinema di Venezia, il lavoro compiuto nei 110 giorni di ripresa del film ROMA del regista Alfonso Cuaron (premiato con l’oscar per Gravity presentato a Venezia cinque anni or sono).

Si presenta in concorso con una fotografia rigorosamente in bianco e nero dello stesso regista che ne ha curato personalmente anche il montaggio.

Una storia, per molti versi autobiografica dato come ci confessa lo stesso regista alla conferenza stampa: abbiamo girato senza copione in ordine cronologico e gli attori imparavano le scene giorno per giorno. Quasi tutte le scene provengono dalla mia memoria e così pure per quanto riguarda l’arredamento originale dell’epoca. Cleo è esistita realmente, era la mia baby sitter. Per me era come mia madre.

Un racconto ricco di sentimenti, di inquietudini famigliari, girato nell’atmosfera caratteristica di un tipico quartiere di Città del Messico, chiamato Roma. La cinepresa gira e si muove con grande maestria a 360 gradi per le strade: risalta la realtà cittadina degli anni ’70 con le sue vecchie grandi automobili americane e le Wolswagen maggiolini di prima generazione, così come la vita palpitante con le sue bancarelle e venditori ambulanti di ogni tipo.

Il film sembra prediligere i personaggi femminili: le figure maschili del film vengono raffigurate come deplorevoli e schive: il padre medico frequenta poco la sua casa e abbandona presto la famiglia per trasferirsi altrove. Un altro interprete maschile abbandona la fidanzata domestica della famiglia e un altro risulta meschino e violento. Si tratta del ragazzo della protagonista principale del film, Cleo, appassionato di arti marziali il quale fugge di fronte alle sue responsabilità con la ragazza, arrivando alle minacce.


Un film di vita famigliare che riesce a coinvolgere lo spettatore attraverso i sentimenti dei suoi personaggi. Interessante la scelta del regista di rappresentare la dicotomia tra la vita e l’architettura borghese rispetto a quella popolare e quindi anche dal punto di vista geo-politico.

I sentimenti e l’umanità che raffigura, sanno coinvolgere e farsi apprezzare anche a merito di una attenta fotografia, una studiata regia dove la macchina da presa segue gli interpreti con grande maestria evidenziando i sentimenti più profondi.

LA TRAMA

Nella borghese famigliola composta da marito, moglie, 4 figli e nonna, assistita da due domestiche che vivono insieme dividendone la vita di tutti i giorni, si intrecciano amori e drammi. I quattro figli adolescenti sono amati e ricambiati con grandi effusioni e dolci parole dalla domestica indigena Cleo (Yalitzia Aparacio) la quale, tra l’altro, dimostra grande umanità e psicologia. Salverà i bambini, che stavano per annegare, pur senza saper nuotare.

Il dramma viene rappresentato, sia dall’uscita del padre dalla famiglia, fingendo una partenza all’estero, sia dal rapporto di Cleo con un giovane il quale, non appena saputo che la donna aspetta un figlio da lui, se ne scappa a gambe levate.A nulla valgono le ricerche della ragazza per ritrovarlo e le parole per convincerlo a tornare.
Per tutto il film la domestica manifesta una grande dolcezza di sentimenti anche attraverso la sua espressione.

La vita della famiglia viene scandita dai litigi dei bambini, che accadono in ogni famiglia, dalle assidue pulizie della casa da parte delle domestiche, dagli escrementi di un cane, mantenuto rigorosamente all’interno dell’abitazione. L’animale imbratta con i suoi bisogni l’ingresso a cielo aperto della casa, che funge anche da garage. Fin dalle prime immagini emblematiche, mentre scorrono i testi iniziali, la domestica si prodiga in frequenti lavaggi del pavimento, forse metafora del pulire la vita sociale e politica da ogni nefandezza. Interessante la metafora della grande autovettura che passa a malapena tra le mura del garage che sembra rappresentare l’ostentazione a far notare il possesso di qualcosa di più grande delle proprie possibilità, autovettura che sarà cambiata dalla moglie con una di misura più adeguata dopo che il marito ha lasciato la famiglia…

Di importanza storica alcuni fatti che l’autore ripercorre come il tragico atto di repressione della protesta studentesca e degli Indios, trasferitisi nelle città per i lavori più umili, che culminarono nei massacri di Corpus Chisti del 10 giugno del 1971.

             

Informazioni su Gianfranco Missiaja 52 Articoli
Gianfranco Missiaja, architetto e artista, ha esposto le sue opere in più di 90 Mostre internazionali. Ha pubblicato numerosi testi di critica e storia dell'Arte e una Guida alla 57a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia. - Sito web: venicegallery.it