Non ho nessuno con cui parlare | Racconto di Diego Tonini

non ho nessuno con cui parlare racconto

Terza variante all’incipit a cura di Diego Tonini: cosa accadrà questa volta quando Margherita si alza nel buio della notte e incontra un coniglio gigante?

Tonini gioca con le parole e ironizza sulle situazioni del quotidiano e sul bisogno di parlare, anche solo delle previsioni metereologiche, che caratterizza alcune persone. Parlare anche quando il suono rimbalza sulla pelle di un coniglio gigante.

Gli altri racconti con lo stesso incipit sono quelli di Edoardo Barea e Francesco Zanolla.

Buona lettura.

Non ho nessuno con cui parlare

Margherita si alzò e arrancò al buio fino alla porta del frigo. In un angolo, il coniglio gigante la fissava.

«Buongiorno» disse. Il coniglio non rispose.

«Anche lei non riesce a dormire?»

Domanda stupida, pensò, sta qui a fissarmi con quelle orbite spalancate, ovvio che non dorme… c’ha ragione pure lui, a non rispondermi. Infatti il coniglio non disse niente.

«Cero che qui non succede mai niente, eh?» Nemmeno quel tipo di approccio pareva scalfire l’apatia del coniglio.

«Freddino, oggi…»

Di solito quando parli del tempo gli altri rispondono, è il miglior modo di rompere il silenzio quando si è in ascensore, almeno così dicono.

«A proposito di ascensore, non pensa anche lei che ce ne starebbe bene uno anche qui? È così difficile salire e scendere i piani, soprattutto per una come me, col fisico che si ritrova, rischio sempre di rotolare giù e andare a incastrami chissà dove.»

Il coniglio continuava a fissarla senza dire una parola, senza muoversi, senza nemmeno fiatare. Margherita cominciava a stufarsi, ma d’altra parte non che ci fossero molte persone con cui chiacchierare, soprattutto dopo la festa di ieri, erano spariti tutti, senza nemmeno salutare, chissà poi dove erano finiti.

«Non c’è andato lei, alla festa di ieri?»

No di certo, altrimenti sarebbe sparito anche lui, che domande fai, Margherita? Poi non lamentarti che non ti invitano alle feste, sei così petulante!

«Non è vero, non sono petulante!» Si accorse che stava di nuovo parlando da sola.

«Oh, mi scusi signor… non ci siamo nemmeno presentati, io sono Margherita.» Il coniglio taceva, lei sbuffò.

«D’accordo, signor coniglio, la chiamerò così visto che non ha nemmeno la decenza di dirmi il suo nome, dicevo, signor coniglio» calcò con disprezzo la minuscola nel nome, «non sarò questa gran compagnona, non mi invitano alle feste, parlerò pure da sola, ogni tanto, ma almeno sono una amichevole, mi trovo bene con tutti, sono disponibile a tutte le ore e, anche se non sono proprio la migliore, non c’è nessuno che si lamenti di me. Lei invece cos’è se non uno stupido roditore, guardi che tra lei e un topo non c’è tutta sta differenza, forse nelle orecchie ma a quanto vedo le sue non sono proprio gran ché, anzi per essere un coniglio diciamo che sono piuttosto miserelle… non sarà mica messo così male anche la sotto?» Rise, e poi si pentì della sua sfacciataggine. Sbirciò il coniglio, cercando segni di irritazione ma quello non si muoveva ne cambiava espressione, certo con quel buio non si riusciva a intuire molto, si fosse fatto chiaro almeno avrebbe potuto guardarlo meglio ma di quei tempi pareva che la luce fosse una cosa preziosa, così rara da ringraziare il cielo quando arrivava.

Tornò a guardare il coniglio, niente, non muoveva un muscolo.

«Insomma, ma non si stufa a stare sempre là immobile e zitto? Non ha voglia di scambiare due parole?»

Aspettò. Come parlare a una zucchina.

«Vabbè, ho capito, mica sono scema, io. Non vuole parlare con me? E allora stiamo zitti.»

Si appoggiò alla parete e fissò la porta del frigo, che le sembrava più espressiva di quel maleducato di roditore. Un baccalà sembra, altro che coniglio!

Rimase ferma per quella che le sembrò un’eternità, ma a stare zitta non ce la faceva proprio.

«Senta, siamo qui io e lei, almeno troviamo un modo di passare il tempo…»

Un tremito, le bottiglie sui ripiani tintinnarono, qualcosa si rovesciò.

«O Maria santissima, il terremoto!» gridò Margherita.

Una voce cavernosa la scosse fino alle viscere: «Vecchio, ma che fai, sei ancora ubriaco da ieri sera?»

«Chi è, dove sei?» urlò di nuovo.

«Sto cazzo di affare non si apre!» la voce era diversa, più tesa.

«Sono due, signor coniglio, faccia qualcosa» sussurrò Margerita.

«Certo che sei proprio un coglione, cavati, va’ che faccio io.»

Ci fu una specie di risucchio, e poi la luce, improvvisa, accecante. E un’ombra scura ed enorme che si avvicinava.

«È rimasto qualcosa da mangiare o ieri si sono fottuti tutto?»

L’ombra si mosse, Margherita non riusciva a metterla a fuoco. «C’è il coniglio alla cacciatora di tua madre.»

«Ecco, tiralo fuori che lo mettiamo nel microonde.»

Una mano gigantesca afferrò il signor coniglio e lo porto via, Margerita urlò, ma non c’era nessuno ad ascoltarla. L’ombra si ritrasse, ma un’altra più nera, rettangolare iniziò a calare su di lei, poi, all’improvviso, si fermò.

«Aspetta, c’è anche una pizzetta, qui.»

«No quella lasciala là, è lì dentro da settimane devo buttarla via.»

«Certo che sei proprio una merda» disse la voce, e il buio calò di nuovo su Margherita.

«Ecco, alla fine mi lasciano sempre da sola» borbottò.

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Diego Tonini ha pubblicato altri racconti e articoli per la rubrica Tecnologia e scienza a questo link.

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