
[su_heading size=”16″]Il film MARTIN EDEN, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del giovane regista casertano 43 enne Pietro Marcello. Prima di questo film il regista aveva realizzato il lungometraggio “Bella e perduta”, presentato al festival di Berlino nel 2015 e si era fatto inoltre conoscere per una nutrita serie di documentari tra cui “La bocca del lupo” vincitore del David di Donatello e del Premio Vittorio De Seta per il miglior documentario.[/su_heading]
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iberamente interpretato dal capolavoro autobiografico di Jack London, pubblicato nel 1909, oggi viene sceneggiato nel film, da Maurizio Braucci.
Martin Eden si presenta a Venezia nelle vesti di Luca Marinelli, classe 1984. L’attore si conosce per aver interpretato la figura di Fabrizio De André nel 2018 nel Principe libero, dopo aver vinto il David di Donatello nel 2016 e il Premio Pasinetti come miglior attore alla 72 esima Mostra del Cinema di Venezia conseguendo il Nastro d’Argento.
Nonostante in sala stampa i numerosi fischi abbiano sovrastato gli apprezzamenti, alla fine della proiezione ufficiale della Mostra del Cinema, il film è stato salutato con una mezz’ora di applausi che sembrano decretare il successo del pubblico.
La mirabile interpretazione dell’attore fa perdonare alcune scene del regista che sembrano inserite senza una chiara sequenza cronologica.
Il racconto infatti, non risulta sempre chiaro e lineare: alcune sequenze sembrano slegate, cioè costruite senza la dovuta progressione per la comprensione della vicenda. Il regista inserisce continui rimandi al passato di Martin Eden, alla sua infanzia, mentre lo si vede da piccolo danzare, in più occasioni, con una bimba.
Alcune scene in bianco nero si intersecano nel film come analogie alla sua vita trascorsa, simboli o ricordi come la figura di un vascello, atto ad evocare la sua vita da marinaio. Sul finale la nave affonda nel mare quasi arappresentare il risultato della sua vita. La metafora, che sembra in qualche modo ispirato alla regia felliniana, in realtà risulta ben lontana dalle scene psicologiche junghiane del noto regista.
LA TRAMA
Girato in una Napoli dei primi anni del ‘900, Martin Eden, un uomo di umili origini e di poca cultura entra in una famiglia colta e benestante dopo aver salvato il giovane Arturo (Giustiniano Alpi) da un’energumeno che lo stava picchiando.
Incontra l’aristocratica Elena, (Jessica Cressy), colta e raffinata, sorella del ragazzo che aveva aiutato, la quale gli fa comprendere la sua ignoranza e la sua difficoltà ad esprimersi correttamente.
I due presto si innamorano e Martin Eden vuole, a tutti costi, mettersi a studiare. Quando prova a sostenere un esame viene bocciato per la sua mancanza di cultura generale. Nonostante ciò, sembra disposto a voler dare la vita per imparare a scrivere.
Inizia ad acquistare ogni sorta di libri desiderando diventare uno scrittore, cimentandosi giorno e notte con una vecchia Olivetti portatile
In tutto ciò si intreccia la figura dell’ intellettuale Russ Brissenden interpretato da Carlo Cecchi con tutta la sua forza dell’esperienza teatrale. Egli comprende il suo individualismo e lo vorrebbe aiutare ed istruire.
Così infatti si esprime il regista: nella società dell’edonismo e del narcisismo, il nostro obiettivo era essere diversi, cercare di trasmettere qualcosa di giusto e di migliore.
Martin Eden sembra perdersi avvertendo il senso della delusione: Lo scrittore Martin Eden non esiste. È un frutto delle vostre menti, quello che avete davanti è un malandrino, un marinaio…io non sono un mito, è inutile che ci provate, a me non mi fregate…a me non mi fregherete mai!
[su_box title=”Gianfranco Missiaja”][su_custom_gallery source=”media: 14363″ title=”never”]Gianfranco Missiaja, architetto e artista, ha esposto le sue opere in più di 90 Mostre internazionali. Ha pubblicato numerosi testi di critica e storia dell’Arte e una Guida alla 57a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia.[/su_box]