Uscito per minimum fax a inizio 2022, London voodoo è l’ultimo scritto di Orso Tosco. La sua capacità di trascinare il lettore sempre più velocemente nella spirale vorticosa della narrazione è di grande pregio. Sia la qualità della scrittura, per ricchezza di linguaggio e di immagini, sia il tema affrontato, ben oltre il classico confine della dualità bene/male, pongono London Voodoo nella sfera di libri che rimane impressa come una voce fuori dal coro: originale e autentica.
Dennis e il Porco si sono appostati dietro a un muro di frigoriferi che, a giudicare dalle dimensioni, dovevano far parte della camera mortuaria dell’ospedale. Stanno recitando una linea d’odio che permette loro di vedere oltre i muri, come fossero due termorilevatori umani. Con la differenza che per riuscirci, oltre a pronunciare la loro litania, devono strizzare gli occhi sino a farli sanguinare.
London voodoo | Breve recensione
La parola che accompagna la lettura del romanzo è pulp, perché l’autore racconta la violenza fisica e psicologica, subita e agita, dell’essere umano e del mondo intero, in modo stilizzato, ovvero, proprio secondo la definizione, «ridotto a uno schema essenziale di linee e di colori»; certe comunicazioni, infatti, attraversano la città stessa nelle linee d’odio e i colori prevalenti sono il nero e il rosso, come la copertina ci suggerisce. I personaggi principali sono caratterizzati da tratti e dettagli come fossero fumetti, i londinesi (gli uomini del XXII secolo) sono cittadini incapaci di rendersi conto dell’implosione ormai prossima e la città viene trasformata in grande ammasso di linee metropolitane come fossero arterie di un organismo mutevole e mutante.
E procedi verso il centro di Londra in compagnia di un oracolo strafatto di eroina che ti ha
costretto ad allungare il tragitto – passando da est a ovest senza motivo – e che adesso tiene gli occhi chiusi e fuma sigarette mentolate, mentre pronuncia nomi di divinità alternandoli a marche di diserbanti sovietici.
Attraversate i quartieri dei ricchi e dei nuovi ricchi. Belgravia è una truffa bianca, con le sue strisce di case signorili, delimitate dalle candide colonne marchiate dai numeri civici, e le piante costrette ad assomigliare a coni gelato. Barboncini soffici come zucchero a velo cagano salmone fresco, immediatamente raccolto da domestici zelanti.
Tu odi questi quartieri. Odi la gente che ci abita e odi la gente che sogna di abitarci. Dopo Belgravia arriva Pimlico, ovvero l’abuso della parola esclusivo, la celebrazione delle targhe delle macchine di lusso personalizzate, la Tate Britain circondata da schiere di militari.
London voodoo è una narrazione semifantastica, attenta e affilata; pare esasperare la realtà ma l’esagerazione è solo un’impressione, quando si toglie quel velo a più strati che richiama un mix di generi letterari, il lettore riesce a leggerne il senso. La sensazione finale è che sia un testo già pronto per una trasposizione cinematografica alla Sin City.
London voodoo | Intervista a Orso Tosco
Cominciamo dalla lingua e dallo stile di London voodoo: il primo capitolo è scritto in seconda persona, risucchia il lettore, poi lo scrittore si fa voce narrante e al sesto capitolo arriva un nuovo personaggio che parla in prima persona. Sono scelte atte a disorientare il lettore per calarlo nel caos di Londra?
Credo fortemente che Londra possieda una capacità unica di attrarre le persone operando una sorta di respingimento. Ci sono moltissime grandi e belle città capaci di imporre una seduzione immediata, fatta di elementi visivi, rituali, comportamenti. Londra al contrario di primo impatto risulta spesso brutale, indifferente, ma riesce a esserlo in un modo misterioso e complesso che per alcune persone, e io sono una di loro, ha un effetto ammaliante. Con il linguaggio, e con l’alternanza delle voci grazie alle quali si sviluppa la narrazione di London voodoo ho cercato di ricreare un sistema simile.
Rimaniamo ancora attorno alla questione della lingua: cosa ci vuoi dire, senza svelare troppo, del linguaggio segreto del Porco e di Dennis Tabbot?
Il Porco e Dennis Tabbot sono perfettamente consapevoli di servire la legge infrangendola, e sono perfettamente consapevoli di poterlo fare perché i risultati che sono in grado di ottenere, i loro successi, valgono più del rispetto dei valori su cui la società sostiene di basarsi. Questa consapevolezza porta con sé una sfiducia assoluta nel linguaggio, perché il linguaggio è lo strumento della comunicazione, e la comunicazione ai loro occhi appare come una bugia, come un esempio di cattiva retorica. Per questo il loro linguaggio segreto evita le parole, si nutre di abrasioni.
Nella breve recensione che anticipa l’intervista ho definito il tuo libro pulp , ti ritrovi in questo o preferisci uscire dalla definizione di un genere?
Per scrivere questo romanzo mi sono lasciato influenzare moltissimo da scrittori, registi e fumettisti che nelle loro opere hanno sempre utilizzato il genere, o forse sarebbe meglio dire i generi con grande libertà. Il noir ha una gloriosa tradizione che dal pulp vira verso l’hard boiled e credo che per la sua stessa natura anfibia e bastarda si presti benissimo a raccontare i tempi confusi in cui ci aggiriamo al momento. In fondo le indagini sono avventure in cui uomini e donne si ritrovano costretti a imporre un senso, una logica, a una realtà che invece vorrebbe imporre il proprio senso, un senso radicalmente diverso da quello degli esseri umani.
Ci sono due figure femminili di rilievo, completamente diverse e caratterizzate da richiami simbolici differenti. Hanno una funzione, un ruolo e un compito da svolgere, lo fanno a qualsiasi prezzo, anche in modo oscuro. È un’eco della figura classica dell’eroe?
Le figure di Sessantanove e di Eva B rappresentano le due facce opposte di un sentimento di stanchezza che mi sembra caratterizzare sempre più, e giustamente, le nostre società: la stanchezza provata da un grande numero di donne nel dover costantemente confrontarsi con un potere maschile incapace di qualsiasi tipo di visione che non comprenda un elemento competitivo, un potere maschile infantile e al tempo stesso privo della fantasia e della crudele leggerezza dell’infanzia, morboso ma non eccitante, prolisso e confuso, pomposo e sciatto. Sessantanove si porta addosso la stanchezza dei millenni, Eva B la stanchezza del potere, di questo potere che logora e non basta.
Senza troppo scendere nel dettaglio, gli elminti sono/diventano una voce ribelle, come se fossero esseri sottili abitanti un mondo parallelo. Sono un monito disperato della potenza della Natura o la follia di un singolo uomo?
Penso che rappresentino entrambe le cose. Se in Aspettando i Naufraghi, il mio primo romanzo, ho cercato di creare un tipo anomalo e radicale di speranza che inizia proprio quando ogni speranza cessa di avere senso, in London voodoo ho voluto immaginare quale tipo di salvezza potesse risultare adatta a una specie, la nostra, che sembra farsi vanto della propria incapacità di comprendere il passaggio epocale che siamo chiamati a vivere. Come si salva una creatura che fa di tutto per non essere salvata, che fa di tutto per non immaginare la vita che ci aspetta? Gli elminti sono una risposta possibile.
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London voodoo è vincitore del Premio Emilio Salgari di Letteratura Avventurosa IX Edizione 2022
Orso Tosco è scrittore, poeta e sceneggiatore. Per minimum fax ha pubblicato il romanzo Aspettando i Naufraghi nel 2018 e, insieme a Cosimo Argentina, Dall’inferno. Due reportage letterari nel 2021. Nel 2019 Interno Poesia ha pubblicato la sua raccolta Figure amate.
Cliccando qui si può ascoltare la colonna sonora di London voodoo creata da Orso Tosco.
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