Troppo spesso abbiamo sentito dire che le fiere, ormai, non hanno più molta utilità, che tutto si trova nel web. Non è così. Non lo è perché non è mai tutto bianco o tutto nero. Essere una finestra nel mondo attraverso un sito o la presenza nei social è certamente uno strumento imprescindibile nel mercato attuale, ma la scelta aziendale di esporre le proprie novità in fiera, particolarmente se sono prodotti di nicchia, è una strategia essenziale. Lo dimostriamo raccontando la storia di quello che può essere un esempio di un “caso di successo”.
Contestualizziamo: Milano e HOMI. Il capoluogo lombardo, città ricca di stimoli e pervasa da quello spirito di lifelong searching, e la fiera il cui nome è stato pensato per avvolgere simbolicamente la persona, i suoi spazi e le sue abitudini, infatti O, di HOMI, rappresenta un cerchio.
Quest’anno l’organizzazione propone 10 satelliti-aree tematiche e, parallelamente, rinnova lo spazio per la proposta di Gabriele Pardi: l’art director di Gumdesign che aveva progettato, nel settembre 2015, Daunoacento, concept che mette in rilievo la qualità del prodotto, il rapporto con la produzione artigianale e la ricerca del dettaglio.
HOMI conferma l’evento espositivo perché in maniera trasversale concentra designers, auto-produttori, artigiani, piccole e grandi aziende, tutti orientati verso la produzione Made in Italy e verso la narrazione di nuovi percorsi imprenditoriali. La visione dell’architetto è un successo già alla prima edizione perché attira l’attenzione di retailer, interior designer e buyer alla ricerca di materiale nuovo da proporre sulla piazza: in questa vetrina, c’è la doppia possibilità, sia di acquistare direttamente prodotti che già si conoscono sia di osservare le novità per un mercato che esige costantemente nuove idee.
Lo scorso anno Gabriele Pardi scelse Art Frigò, società di Piero Cortese e Marta Bassotto, come uno dei nove espositori che avrebbero dato l’imprinting al suo progetto. I designers veronesi presentano un singolare oggetto, che trova riscontri positivi tra gli addetti ai lavori: sono le lampade-libro della collezione Abat-Book.
Perché l’abbiamo definito un “caso di successo”? Perché, tra i visitatori che diventano poi clienti, c’è anche il curatore del Bookshop della Mondadori Electa che seleziona l’articolo per inserirlo tra le novità da presentare nel Bookshop in occasione della Biennale Architettura di Venezia 2016.
Abbiamo, quindi, intervistato Marta Bassotto di Art Frigò, la photo editor del progetto, per farci raccontare la loro esperienza.
Homi è la fiera “dell’abitare e del vivere in grado di abbracciare appieno l’uomo contemporaneo”. Cosa propone Art Frigò?
Ogni idea nata nel laboratorio Art Frigò parte proprio dal concetto di creare qualcosa di originale da poter usufruire nella vita quotidiana e, originariamente, dal restyling di oggetti e interni che già sono in uso ma a cui si vuole dare una nuova veste, attraverso l’utilizzo di pellicole fotografiche adesive. Ciò che invece abbiamo presentato l’anno scorso a Daunoacento sono le Abat-book, “lampade libro”. Queste nascono dall’idea di Piero Cortese di abbinare il concetto di lettura all’utilizzo della luce e così ha progettato, ideato e sviluppato materialmente il progetto, seguendolo in tutte le sue fasi, cioè dall’idea fino alla realizzazione del prodotto finito.
Queste lampade libro hanno una forma che ricorda un libro aperto, sono realizzate in plexiglass, e la particolarità è che sono rivestite con una pellicola fotografica che riproduce le copertine dei libri. Il nostro è un design autoprodotto, come richiesto agli espositori presenti a Daunoacento, non solo per le lampade ma anche per il portariviste e il secchiello portaghiaccio, sempre realizzati in plexiglass, che presentiamo quest’anno. Nel caso delle lampade il materiale è opalino perché deve permette la retroilluminazione, mentre per gli altri articoli è usato quello trasparente. Questi prodotti, attualmente, rappresentano il core-business della nostra società.
Quando entra in scena la photo editor?
Arrivati alla realizzazione del prodotto, il completamento della lampada avviene a mia cura. La cosa fondamentale è rispettare il concept iniziale cioè creare un oggetto di design. Il lavoro di photo editor diviene interessante proprio perché, nel rivestimento dell’immagine fotografica che riproduce il libro, deve unire due aspetti: il primo è la ricerca della prima edizione, dove la copertina deve rispettare sia un carattere filologico sia un canone estetico, grafico; il secondo è l’aspetto del design. Quindi, alla fine di tutte queste fasi, la manifattura deve essere funzionale e garantire sia un’adeguata illuminazione sia una linea originale.
Le prime edizioni sono la vostra prima idea: quindi siete andati in cerca di queste copie originali, dove?
Inizialmente in collezioni private e poi con una ricerca nel mercato dell’antiquariato dei libri. Nel tempo, però, ci siamo accorti che non sempre le prime edizioni avevano delle “belle copertine”, o per meglio dire, una bellezza adattabile all’oggetto-lampada.
C’è tanta ricerca dietro questo risultato finale. Cosa succede, quindi, se dopo tanta ricerca della prima edizione di un classico, c’è l’insoddisfazione estetica della copertina? Come procedi?
La riproduzione è fedele quando il libro in nostro possesso è integro, nel caso in cui non troviamo una prima o seconda edizione, oppure proprio non troviamo il libro, utilizziamo internet perché si possono trovare le immagini di edizioni di pregio. La ricerca on-line è utile anche nel caso in cui ci siano delle parti mancanti, generalmente il dorso e il retro, sebbene a volte il formato è così ridotto che la riproduzione diventa impossibile.
Allora lì nasce la seconda machiavellica idea: più che restauro operiamo una vera e propria ricostruzione in digitale della parte mancante. Cioè, dopo accurate ricerche di stile e contestualizzazione filologica, ricostruisco completamente e fedelmente il dorso e il retro, oppure anche la copertina, se priva di parti. In taluni casi ho dovuto proprio inventare: ovviamente non a caso ma cercando edizioni simili, in modo che, con un po’ di intuito, la ricostruzione sia alquanto fedele, se non all’originale, ma al periodo storico.
Diciamo che questi casi, finora, sono stati una decina su una settantina di libri a catalogo e ho ridato vita, credo, a delle edizioni meravigliose che erano introvabili.
Puoi specificare, per i non addetti ai lavori, cosa significa fare una ricostruzione fedele?
Guarda, è una ricerca complicata perché per formazione non siamo della scuola dei tipografi, perché Piero Cortese è fotografo e io photo editor, quindi post produzione nella lavorazione delle foto. Per cui, tutto ciò che è legato alla grafica fa parte della formazione successiva, che non faceva parte del percorso di studi. C’è una grossa ricerca, mista alla mia interpretazione, nel riconoscere i caratteri della copertina, cercare di avvicinarmi a quello che è il titolo, che solitamente ha un carattere a sé rispetto alla font nel resto della scrittura del libro, e di trovare, nell’eventualità che non ci fosse del materiale sufficiente, di rimanere sui classici. Sapere, cioè, che in alcuni periodi sono state usate determinate font e in altri altre, oppure la ricerca del colore, contestualizzando quindi il periodo dell’edizione.
Da quello che dici, le Abat book sono oggetti di design “double-face” cioè, non solo la struttura ideata e creata in questa forma originale ed esclusivamente hand-made, ma anche la ricostruzione della copertina è un intervento competente e personalizzato.
Infatti, proprio queste considerazioni che abbiamo fatto sul mio lavoro hanno determinato una nuova idea. Da una parte c’è la linea dedicata alle prime edizioni, che significa edizioni del primo Novecento, dall’altra abbiamo inventato una casa editrice fittizia, con un suo logo e un suo nome, che ci permette di creare una copertina completamente nuova che viene legata a dei libri classici, che sono i titoli che maggiormente ci vengono richiesti. È un lavoro interessante perché mette in campo una certa creatività, un bel po’ di sperimentazione e una competenza che entra anche nel campo dell’editoria, in senso culturale, perché si ha in mano qualcosa da creare completamente ex novo.
È questa nuova linea che presentate a HOMI?
Sì, portiamo le ultimissime copertine: un classico inglese “Frankenstein” e un omaggio a Dante Alighieri con la Divina Commedia, perché ci siamo resi conto che non poteva assolutamente mancare nel nostro catalogo.
E quindi presentate tre lampade?
No, no! Tomo unico, d’altra parte la Commedia è stata pensata tutta insieme anche se sono tre cantiche. Un’altra scelta recente è stata quella di proporre i classici in lingua originale, ove Frankenstein è in inglese, La Divina Commedia è in italiano, Le fleurs du mal in francese e, ad esempio, quella è una copertina creata interamente da noi, in stile Liberty. Questo perché il nostro intento è quello di mantenere le Abat-book come prodotto non industriale, e renderle quasi qualcosa di unico, infatti alcune lampade avranno un’edizione limitata.
Queste edizioni speciali avranno una piccola variante rispetto alla struttura classica, che le renderà più preziose, e saranno degli oggetti originali. La tiratura limitata nasce quindi sia nell’avere affinato il design nella struttura tecnica di supporto sia per valorizzare l’idea progettuale e la ricerca della copertina d’epoca che sono alquanto complesse.
Ci rendiamo conto che in alcuni contesti non viene percepita la difficoltà, o semplicemente il tempo che viene dedicato alla ricostruzione; lo notiamo particolarmente quando abbiamo delle richieste di personalizzazione (ci può venire chiesto qualunque libro e noi lo realizziamo), dove il cliente ipotizza che sia sufficiente una semplice scansione per procedere alla stampa della pellicola fotografica, ma non è così.
Questo rafforza la vostra idea di continuare con l’hand-made?
Più che altro ci sono degli aspetti tecnici che non permettono, ad oggi, la riproduzione industriale, perché la pellicola può essere applicata industrialmente al plexiglass nella superficie piana ma si rovina quando viene piegata, pertanto l’applicazione della pellicola fotografica avviene come ultimo passaggio.
Siete soddisfatti della commissione ricevuta dalla Mondadori Electa per la Abat-book messa in vendita durante la Biennale Architettura?
E’ stata la riprova che quando c’è la possibilità di vedere un oggetto dal vivo, non solo a video, l’effetto e il riscontro sono diversi.
Ci possiamo aspettare qualche altra nuova idea?
Certo. Stiamo sviluppando un nuovo filone che è quello delle locandine dei film classici, ma siamo in fase di ricerca e progettazione, l’unico anticipo che possiamo dare è che la lampada non avrà più la forma del libro ma sarà un cilindro, sia da tavolo che come lampadario.
La nostra intervista si chiude qui. Enjoy HOMI!