Friedrich Nietzsche | Intervista a Susanna Mati

Friedrich Nietsche Tentativo di labirinto Susanna Mati

L’incontro con Susanna Mati mostra facilmente quanto spesso Nietzsche sia stato frainteso e mal interpretato: Super-uomo, Volontà di potenza, Eterno ritorno sono concetti così noti e così ignorati da meritare che se ne parli ancora. È questo il progetto a lungo termine che Mati e Feltrinelli hanno ipotizzato.

Tra le opere dell’autore ripubblicare dalla casa editrice, si inserisce lo studio della filosofa Susanna Mati, Friedrich Nietzsche. Tentativo di labirinto, volume edito nella collana Eredi diretta da Massimo Recalcati; il libro è un testo che appare complesso per i non addetti ai lavori, i nietzschiani come Mati usa definire, ma offre al contempo una panoramica ampia e approfondita per comprendere lo sviluppo del pensiero del filosofo tedesco, diventando un incipit per coloro che volessero indagare su questo rivoluzionario uomo di fine Ottocento.

L’intera opera di Nietzsche, come lui stesso afferma, vuole ribaltare il concetto stesso di philosophia; partendo dal pensiero dei presocratici, ai quali si fa comunemente risalire la nascita della filosofia, Nietzsche smantella i temi di fondo della tradizione filosofica: la realtà come essere (Parmenide) o come divenire (Eraclito), ordinata da un principio intelligente (Anassagora) o del tutto meccanico (Democrito), o strutturata secondo rapporti numerici (Pitagora). Non accetta le tematiche sviluppate dai sofisti che rivolgono l’attenzione soprattutto al mondo dell’uomo in quanto essere sociale; rifiuta un rigoroso metodo d’inchiesta filosofica sui criteri di conoscenza della realtà, sia dell’idealismo platonico sia del sapere aristotelico. Prende poco in considerazione chi l’ha preceduto o chi gli è contemporaneo perché la sua lucidità gli impone una strada solitaria.

“Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso” è una delle sue dichiarazioni fondamentali, da intendersi non strettamente da un punto di vista religioso bensì come destrutturazione di ogni sistema; l’occhio del filosofo raggiunge una tale levatura da osservare anzitempo ciò che accadrà alla società moderna del Novecento: la mancanza di certezze, l’agognata libertà che conduce al senso di vuoto esistenziale e l’assunzione di una molteplicità di maschere per diventare “uno, nessuno, centomila”. Non ha soluzioni alle sue osservazioni, tentativi forse, esperimenti di cicliche fasi dubitative allo scopo di tentare l’uscita dal labirinto. L’affasciante voce del folle, del saggio, risuona con queste parole:

Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: «Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?» graverebbe sul tuo agire come il peso più grande! Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello?

Intervista

Perché solo un “tentativo di labirinto” può aiutare a comprendere appieno il pensiero del filosofo?

Direi perché ci troviamo di fronte a un pensiero volutamente asistematico, cioè che rifugge dalle menzogne, dalle forzature, dalle imposizioni delle tesi, delle dottrine, dei principi inconcussi. Quello che mi premeva molto mostrare nel libro è il movimento filosofico di Nietzsche, o, come già lo chiamava Jaspers, il suo ‘filosofare’. Nietzsche è un pensatore antidogmatico, anti-assolutista, sempre pronto a mettere in crisi e a revocare quello che lui stesso ha detto. La sua più grande maschera, Zarathustra, non solo chiede esplicitamente ai suoi discepoli di non credere in lui, ma suggerisce anche loro che può aver mentito… Quindi il mio interesse era rispecchiare la ricchezza, la molteplicità, direi quasi l’in-concludenza del pensiero nietzschiano, cioè il fatto che il pensiero non può più compiersi, chiudersi, rendersi assoluto, padroneggiando tutto con il ‘concetto’, come pochi decenni prima aveva creduto Hegel. In questo atteggiamento pluralista, possibilista, ‘differenziale’, Nietzsche è un nostro stretto contemporaneo.

Com’è stato possibile fraintendere Nietzsche fino a porlo come anticipatore (o fondatore teorico) del nazionalsocialismo? E come mai è ancora diffusa questa sua maschera negli studi nietzschiani?

Diciamo che il nazismo ha tentato di impadronirsi di tutti i grandi della cultura tedesca, travisandoli e usandoli strumentalmente: da Nietzsche a Goethe, da Wagner a Hölderlin, e così via. Bastava un piccolo accenno di nazionalismo, o una vaga concezione aristocratica, o un riferimento numinoso al mito, che subito tentavano di metterci sopra le mani – naturalmente solo per quanto riguarda gli aspetti che facevano loro comodo.

Nietzsche è uno dei casi più assurdi, in un certo senso, se si pensa a quali erano le sue vere concezioni: il suo sempre ribadito anti- antisemitismo, ad esempio, il suo stesso sospetto e sarcasmo verso i tedeschi, il suo detestare le masse amorfe e manipolabili e i loro movimenti, eccetera. Nietzsche, se non fosse morto nel 1900 (e impazzito nei primi giorni del 1889), avrebbe rifiutato ogni singolo aspetto del nazismo. Purtroppo, la manipolazione dei suoi concetti più famosi, diventate vere e proprie parole d’ordine, ebbe inizio proprio durante gli anni della sua follia, quando la sorella Elisabeth (da sempre antisemita, e poi filonazista) si appropriò del lascito letterario del fratello, compiendo falsificazioni sia ideologiche che reali, attraverso la fondazione dell’Archivio Nietzsche.

Comunque, è proprio negli studi nietzschiani che, per fortuna, da tempo non è più diffusa questa distorsione; e lo dobbiamo interamente all’edizione critica di Colli e Montinari. Quest’ultimo ha scoperto e denunciato i numerosi falsi, a partire dal più grosso, quello della pseudo-Volontà di potenza, un’opera mai scritta, interamente composta in modo arbitrario da Elisabeth Nietzsche con il sussidio dell’ex amico musicista di Nietzsche, Peter Gast. Che in alcuni concetti di Nietzsche rimanga una certa ambiguità, può essere vero, così come che nella sua opera si trovino passi assai discutibili (un numero molto ridotto, per la verità, che andrebbe comunque ben interpretato); soprattutto estrapolare in maniera tendenziosa dalle sue opere delle singole frasi può condurre a far affermare a Nietzsche cose che non intendeva minimamente dire. Ciò purtroppo è un gioco facile, perché, come scrive Colli, “nella miniera di questo pensatore è contenuto ogni metallo. Nietzsche ha detto tutto e il contrario di tutto”. Tuttavia, se noi ci applichiamo a “leggerlo bene”, le sue intenzioni risultano ben chiare.

Susanna Mati

È ben nota l’avversione di Nietzsche nei confronti di Socrate. Nietzsche individua nel filosofo Ateniese l’avvio della decadenza europea, causata dall’abbandono del senso tragico della vita, del dionisiaco, a favore della misura apollinea, della razionalità alessandrina. Il Socrate di Nietzsche ha bisogno della ragione per tenere a freno il suo animo disordinato. Non trovi che in questa violenza critica, per quanto situata a livello estetico come tu affermi nel libro, possa esserci una sorta di proiezione di Nietzsche che nel destino di Socrate vede la propria nemesi o il proprio rovesciamento?

Non c’è dubbio che, sotto certi aspetti, anche Socrate (il Socrate di Nietzsche, s’intende), sia una delle tante maschere indossate da Nietzsche stesso. Facendo i conti con lui, fa i conti anche con se stesso e con il suo essere-filosofo. Questo risulta chiaro anche nel Crepuscolo degli idoli, dove troviamo l’ultimo confronto – almeno nelle opere edite o lasciate pronte per la pubblicazione – con il filosofo greco. Il discorso è molto complesso, perché bisognerebbe anche vedere quanto Nietzsche stesso fosse veramente dionisiaco… dalla sua biografia, ad esempio, non lo sembra affatto. Colli scrive ad esempio che, dichiarandosi l’ultimo discepolo del dio Dioniso, Nietzsche falsifica e tradisce il suo presunto maestro; dà l’impressione di essere molto più una rappresentazione, che un suo reale modo d’essere.

Se Socrate incarna la ragione, lo spirito scientifico e l'”ottimismo teoretico”, e in qualche modo, incredibilmente, vince la sua lotta storica contro il dionisiaco, contro il mito, portando con ciò a morte anche la tragedia, c’è da interrogarsi sulla potenza di questo “nuovo demone” (come scrive Nietzsche nella Nascita della tragedia), e soprattutto sulla forza del logos, del pensiero concettuale, e della stessa philosophia che nasce in concomitanza con questa lotta… In effetti è questo tipo di nuovo pensiero, cruciale per l’Occidente, che ha poi conquistato, sotto le sembianze della scienza e della tecnica, il mondo. Credo che Nietzsche non lo sottovaluti affatto, e soprattutto non possa mai porsi interamente dalla parte del ‘dionisiaco’, contro un ‘socratismo’ che pure è antitragico.

Sembra che N. giochi continuamente a contrapporre fantasticheria a verità, mythos a logos, grecità a modernità, rappresentazione a realtà: è una ricerca della dualità o il tentativo di demolirla a favore dell’unità dell’essere?

Credo che, quando parliamo di Nietzsche, si debba rinunciare a espressioni che hanno senso solo in un contesto metafisico, come quelle di “dualità” o “unità dell’essere”. Nulla di tutto questo ha più un significato in Nietzsche. Già la parola ‘essere’ gli piace poco, tanto da scrivere proprio in un frammento: “l’essere manca”. Tutti quelli che sono i concetti basilari della tradizione metafisica occidentale (ma anche orientale, spesso), vengono criticati e rifiutati da Nietzsche, o perlomeno messi in crisi e straniati, a partire da quelli – fondanti – di ‘io’ (cioè soggetto), ‘essere’, ‘verità’.

Non possiamo nemmeno più attribuirgli questo linguaggio; come dice lui stesso, “ogni parola è un pregiudizio”, e noi abbiamo ormai bisogno di allontanarci dalla grammatica tradizionale (aspetto che, peraltro, avvicina Nietzsche alla critica del linguaggio del Novecento). Questa è appunto la sua forza dirompente: non voler più parlare il linguaggio tradizionale della filosofia o del pensiero che lui stesso (e poi Heidegger dopo di lui) definisce metafisico. Il gioco estetico di Nietzsche, perciò, si svolge su un piano di immanenza, su quel piano che lui chiama – con termine densissimo di significati – la “parvenza”, lo Schein. Ma non ha qui alcun significato parlare di monismo o dualità; quando si ‘smonta’ la metafisica, ciò che rimane va al di là della divisione tra ‘mondo vero’ e ‘mondo falso’, per usare le parole di Nietzsche.

Il pensiero filosofico di N. si sviluppa assecondando una dominante estetica innata, al pari del pessimismo, nell’animo dell’uomo N. È l’intreccio di queste prospettive a fare di Nietzsche lo spartiacque nella storia della filosofia?

La posizione di Nietzsche è sicuramente centrale nella storia della filosofia, perché in lui emergono in maniera dirompente temi latenti e, direi, tendenze di minoranza, che improvvisamente scoppiano tutte insieme fino ad affossare – o a tentare di farlo – quello che era stato il mainstream del pensiero occidentale. Il pessimismo, che io ho usato come portale di accesso al labirinto nietzschiano, riconduce il pensiero al grande confronto con il tragico, ad esempio, e dunque Nietzsche combatte, attraverso di esso, quella che lui considera la tendenza conciliatoria, antitragica, o appunto ‘ottimistica’, della filosofia – la ‘commedia’ della filosofia, come dice a volte. Si tratta del recupero di forze che si situano alle spalle della nascita della philosophia, cioè prima di Socrate e di Platone: ovvero sia nella sfera dei cosiddetti presocratici, i pensatori dell’enigma e della physis, sia nella sfera tragico-dionisiaca. Nietzsche vuol fare ritorno a quella ispirazione pre-filosofica e pre-metafisica, preferendo saltare all’indietro duemila anni di pensiero occidentale e di cristianesimo (fatalmente compromessi l’uno con l’altro).

Può darsi, e anzi io lo credo, che il tratto estetico del suo pensiero sia strettamente connesso con la sua ispirazione tragica, cioè con qualcosa che il pensiero stesso non può pensare, essendo fatalmente incatenato all’elemento del logos, mentre l’arte è riuscita e riesce sempre di nuovo, in qualche modo, a dare voce a questo elemento ‘irrazionale’, refrattario al discorso e alla spiegazione, intriso di sensibilità e di corporeità. Nietzsche si situa su un crinale tra arte e filosofia (e anche scienza, in misura minore); per queste ragioni, per questa sua incollocabilità, sempre si considererà, oltre che un artista fallito, anche un filosofo impossibile. Ma è appunto questo fare di se stesso un luogo di esperimenti, che gli farà dire in modo stentoreo (e un po’ megalomane) in Ecce homo, alludendo alle distruzioni che avrebbe apportato nel corso e sul corpo del pensiero occidentale: “io non sono un uomo, sono dinamite“.

Opere edite da Feltrinelli

La nascita della tragedia, L’anticristo: Maledizione del cristianesimo,
Così parlò Zarathustra: Un libro per tutti e per nessuno, Friedrich Nietzsche. Tentativo di labirinto.

In uscita il prossimo 18 aprile, sempre con Giangiacomo Feltrinelli Editore, F. Nietzsche, Poesie, a cura e con la traduzione di Susanna Mati.

Informazioni su Alberto Trentin 1 Articolo
Alberto Trentin è laureato in filosofia a Ca’ Foscari e ha un dottorato in filosofia del Rinascimento; ha conseguito un master triennale in pedagogia clinica. Lavora per una multinazionale come analista. Ha pubblicato alcune raccolte di poesie, La voce dei padri (Samuele Editore, 2010) e Vuoti d'ossa (Arcipelago Itaca, 2018), curato una raccolta di saggi sulla globalizzazione (Istresco, Tv 2010), con uno personale sulla retorica digitale. Ha pubblicato su riviste internazionali di poesia (Soglie, NeMLA, Gradiva, Italian Poetry Review) e su antologie collettanee (Samuele Editore, Aletti Editore, Poesia e rivoluzione, Fara Editore), nonché su riviste di critica con alcuni saggi di letteratura contemporanea su Dino Buzzati, Ezra Pound, Bartolo Cattafi. Tiene corsi di scrittura per il Portolano. È presidente dell’associazione Nina Vola, promotrice di CartaCarbone Festival. Visita il suo blog