Nuova indagine per l’ispettore Stucky | Intervista a Fulvio Ervas

C'era il mare intervista a Fulvio Ervas

Stucky è cambiato. L’ispettore italo-persiano non è più lo stesso dopo l’indagine sul prosecco e sul cementificio, così come Ervas non è più lo stesso autore dopo la riscrittura del suo libro in forma di sceneggiatura. Ciò che invece rimane inalterata, è l’attenzione ai particolari e lo sguardo al territorio, alla sua storia e alle tracce lasciate da un passato prossimo che sembra remoto: peculiarità che accomunano la capacità di risolvere un caso, per Stucky, e la necessità di lasciare una testimonianza socio-ambientale, per Ervas.

C’era il mare (2018, Marcos y Marcos), l’ultimo romanzo, nasconde nel titolo il fine ultimo dello scrittore, i fili che muovono abilmente Stucky e gli altri personaggi, ci conducono in uno dei luoghi che ha determinato la storia dell’Italia negli anni del “miracolo economico” del Paese e del Nordest in particolare. Mar ghe gera, Marghera. Il mare c’era, a Marghera.

Il romanzo ha un ritmo sostenuto, grazie all’alternanza -capitolo per capitolo- dei luoghi delle indagini -Treviso | Marghera- con qualche puntata a Campalto e a Venezia, fino ad arrivare al punto d’incontro tra le due province; tre morti, due indagini separate e una in comune, storie umane che si intrecciano e vicende locali che assurgono all’universale. Giornalisti ficcanaso e operai sindacalisti, un convegno che potrebbe essere scomodo e legami famigliari che lasciano ombre. Il movente degli omicidi risiede nel passato o nel presente?

Non è facile camminare dritti

quando nessuno traccia una linea per terra.

Tutto converge dove c’era il mare: i Cantieri navali e il Petrolchimico hanno rappresentato il cuore pulsante del Veneto, sia socialmente che economicamente, per molti anni. Ervas, attraverso la narrativa, ricorda il ruolo di catalizzatore di Porto Marghera senza il quale, oggi, il Veneto non sarebbe così. Bene? Male? Non c’è giudizio, c’è solo un pezzo importante di storia regionale da mostrare e lì Stucky doveva andare. In un Paese come l’Italia, che non ha prodotto un investigatore nazionale alla stregua di Maigret, Stucky diventa l’ispettore per antonomasia del territorio trevigiano, con il suo carattere e uno stile professionale ben definito.

Intervista

C’era il mare è l’indagine di Stucky dopo Finché c’è prosecco c’è speranza, libro che è stato film per la regia di Antonio Padovan. Nel set, Stucky ha così preso un corpo, quello di Battiston. Quest’immagine ha condizionato il modo di muoversi dell’ispettore?

Sì, per i primi mesi è stato difficile scrivere una nuova storia dell’ispettore Stucky. Avevo Giuseppe Battiston davanti agli occhi e l’effetto straniante è che, in realtà, non avevo mai definito con precisione la fisionomia dell’ispettore. Stucky era una costruzione mentale, un collage di tante espressioni, fisicità. Certo, avevo un contorno di massima, ma non un volto preciso. E Battiston s’è preso il suo spazio espressivo, ha recitato un suo personaggio, un suo Stucky, da professionista qual è. A me è piaciuto. E le tracce di questa esperienza si trovano nel nuovo episodio.

Stucky e la Bertelli si distinguono per intuito e caparbietà, caratteristiche che li spingono a finire nei guai ma anche a risolvere l’indagine: qual è il segreto che sposta il rischio di cadere nel primo caso verso il risultato del secondo?

Devo dire che la dinamica tra Stucky e l’ispettrice Bertelli è nata sulla carta, scrivendo. Non avevo intenzione di dare troppo spazio alla Bertelli, ma se l’è preso. La coppia, nelle dinamiche investigative e caratteriali, probabilmente risente di questa spontaneità o di una parziale progettualità narrativa. Ma mi è sembrato che la cortese Treviso e la ruvida Marghera dovessero, in questo libro, convergere attraverso gli approcci diversi dei due poliziotti e che in questo convergere ci potesse stare qualche sbavatura, qualche sconfinamento reciproco. Confidavo poi nella grande adattabilità dei due personaggi.

Non è la prima volta che Stucky esce dal trevigiano per spingersi nel veneziano, però Marghera è un nuovo scenario: cosa ti ha spinto a parlarne e a definirla, come dice Luana Bertelli, “un’utopia mai cresciuta”?

Marghera e Porto Marghera rimangono un materiale di studio e, allo stesso tempo, narrativo su cui bisognerà tornare. È stato uno dei progetti industriali più grandi d’Europa, un laboratorio sociale, sindacale e politico straordinario. È anche l’esempio di come molte progettualità umane, soprattutto nella modernità, siano scarsamente durevoli. C’è un furore progettuale che sfida il tempo, si brucia velocemente e lascia poi gravi effetti collaterali, umani e ambientali. Io vorrei che non si dimenticasse mai che il capitalismo vorace mangia e defeca nello stesso luogo. E poi scappa.

Quanto rancorosa è la nostra società?

Molto. Il rancore è un pessimo sentimento. Si è accumulato nel tempo. Si nutre di frustrazioni, di sogni disattesi e di obiettivi fuori portata. Tende ad esplodere e non è quasi mai mirato contro le cause che l’hanno determinato. Proprio perché si alimenta di pochi strumenti di comprensione del mondo e di scarsa reattività sistematica alle difficoltà. Il rancoroso sogna cose inarrivabili, si sovrastima, spende poche energie per i suoi obiettivi, tende a scaricare le colpe degli accadimenti avversi su obiettivi facili, spesso su capri espiatori. Chi ha obiettivi chiari, chi si batte sistematicamente per i propri diritti, chi si sforza di capire le dinamiche reali del mondo, può essere infuriato ma non rancoroso.

Guardare il decollo e l’atterraggio degli aerei è una passione solo di Stucky o anche tua?

Io sto sempre dalla parte di chi fa un viaggio e arriva a destinazione. L’atterraggio è la metafora del progetto che si realizza.

Le sorelle di vicolo Dotti, Veronica in particolare, ha un ruolo più marcato in quest’ultimo romanzo, arriverà il momento in cui una di loro avrà davvero un ruolo chiave nella risoluzione delle indagini?

Le sorelle di vicolo Dotti sono l’equivalente di un ottimo cognac: profumate, intriganti, chiudono in bellezza e aroma le giornate. Sono una delle tessiture della rete umana di Stucky. In questo senso lo aiutano già a risolvere i casi, esistendo.

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Informazioni su Chiara Stival 115 Articoli
Chiara Stival è curatrice dei canali arte e cultura per Italiandirectory e copywriter per i contenuti web e social media di alcuni clienti del magazine. Promotrice di eventi artistici e rassegne letterarie, è stata editor della collana Quaderni di Indoasiatica per passione e formazione universitaria dedicata all’India. Il suo blog è chiarastival.com, potete visitare il suo profilo su Linkedin, Facebook e Instagram.