Congresso internazionale “Identity Agonies: Living Dyingly”

Alessandro Magno in un particolare del mosaico La battaglia di Isso

Il Congresso internazionale “Identity Agonies: Living Dyingly” ovvero “Agonie dell’identità: Vivere morendo” è sottotitolato “Approcci da Psicologia, Neuroscienze, Medicina, Sociologia e Filosofia” per interrogarsi, da più punti di vista, non solo sulla morte in sé ma sull’atteggiamento del fine vita. È per questa ragione che l’Università di Padova, all’interno del Master in “Death Studies & the End of life” (Studi sulla morte e sul morire per il sostegno e per l’accompagnamento) si fa promotrice del convegno che si terrà da giovedì 2 a sabato 4 novembre e sarà diretto da Ines Testoni e Luigi Grassi. Filosofia, psicologia, medicina e politica porranno paletti o amplieranno i confini di discussione grazie agli interventi di Emanuele Severino, Mina Welby, Pier Luigi Bersani, Anders Eklund, Elisabeth Brondolo, Franca Benini e Adriano Zamperini.

Sono troppo lontani i tempi degli eroi, in cui morire aveva più valore che vivere? L’assunto che vuol essere trattato, se non propriamente dimostrato, si basa sulla rilevazione statistica che, oggigiorno, le persone sono terrorizzate dalla costante minaccia del vivere morendo, più che dalla morte in sé, e che tale timore è un fattore stressorio, nonché la causa di una graduale perdita di dignità e di rispetto per se stessi. Vedere il decorso della malattia rende evidente la morte nella sua inesorabilità, e per questa ragione si vive la quotidianità rimuovendo quel terrore, ma, quando si giunge al termine, gli individui non sono preparati emotivamente e concettualmente ad affrontarla. Mancano cioè un significato da attribuire alla morte e un riconoscimento esplicito che essa fa parte della nostra evoluzione.

È alquanto significativo che in Occidente, chiedendo alle persone quale fine preferiscano, la risposta è “morire improvvisamente”, oppure “morire nel sonno”, in altre parole, senza alcun avvertimento. Se poi si approfondisce con la domanda su cosa temano in particolare, solitamente rispondono “una lunga malattia o una condizione in cui mi sia progressivamente e sempre di più tolta la libertà e il potere di fare ciò che desidero”. Il problema assume quindi dimensioni culturali e sociali; allargando la visuale su un tema, la morte in sé, già di grande portata, è importante prendere in considerazione anche, per esempio, le violenze e i traumi da cui dipendono perdite significative e irrimediabili, oppure quelle situazioni di tracollo economico, di condizioni di prigionia, oltre quelle situazioni parallele di “morte non fisica” provocati dallo stalking, dal bullismo, dalle violenze e dagli abusi domestici. In questi casi morte e suicidio possono sembrare una vera e propria liberazione. Alla base di tutto questo terrore vi è la minaccia della perdita e della degradazione di se stessi prima della morte, ovvero l’orrore di fronte all’annientamento della propria identità più profonda.

Con l’intenzione di analizzare e approfondire queste tematiche, anche attraverso il confronto tra i diversi punti di vista, il congresso è organizzato in più giornate e appuntamenti, quelli sotto riportati si terranno in Aula Magna Vallisneri di via Ugo Bassi 58b a Padova.

La politica è protagonista della giornata di venerdì 3 novembre dalle ore 9.00 con la presenza di Pier Luigi Bersani nella sessione dal titolo con “Preservare l’identità nel morire: strumenti e riflessioni”. Bersani è sostenitore del Testo Unico in materia di Consenso Informato e DAT (Dichiarazione Anticipata di Trattamento), detta anche “testamento biologico”, dall’inglese living will. L’argomento, eticamente sensibile, è oggetto di posizioni differenti fra correnti di pensiero di tipo laico-radicale e discussioni di ispirazione cristiana sull’eutanasia e di forte difesa della vita. Recentemente è ripreso il dibattito parlamentare, fermo agli anni ’70 del secolo scorso, periodo massmediaticamente caratterizzato dal “corteggiamento filosofico della morte” e dall’ospedalizzazione del morente che ha progressivamente perduto la sua identità come persona per diventare solo “paziente”. La proposta di legge ferma in Senato risponde ad una esigenza sociale particolarmente sentita che va a colmare un vuoto legislativo, e che, soprattutto, fornisce finalmente strumenti efficaci orientati all’umanizzazione delle cure fino alla morte, nell’intento di restituire dignità e identità al morente.

Alla filosofia spetta il compito di porre domande -e dare risposte?- nella giornata di sabato 4 novembre alle ore 12.00 con la presenza di Emanuele Severino che si confronterà con i neuroscienziati. Lessicalmente i termini mente e cervello sono considerati praticamente sinonimi, eppure se con il primo è possibile denotare l’organo responsabile di diverse funzioni vitali, con il termine mente non è possibile connotare qualcosa di organico o tangibile, ma all’insieme dell’attività cognitive di ogni essere vivente dotato di coscienza, pensiero e linguaggio. La ricerca intorno alla domanda se la coscienza sia prodotto della materia grigia oppure sia un’entità ontologicamente indipendente appartiene all’intera storia dell’umanità, perché su questa dimensione si istituisce in concetto di “identità” del soggetto. A questa identità si collega per un verso ciò che si teme più di ogni altra cosa di perdere e per l’altro la speranza di sopravvivere oltre la morte. Ad oggi le neuroscienze si collocano all’interno della cornice teorica riduzionista che ricerca il mentale negli eventi elettro-chimici dei neuroni. Il confronto tra il filosofo eternalista Emanuele Severino, il quale mostra come questa diatriba sia sostanzialmente erronea in quanto basata sulla convinzione contraddittoria che l’essere sia annientabile, e i neuroscienziati intende porsi come un confronto di altissimo livello sul significato di fondo della questione in rapporto alla morte. Partecipa al confronto Ander Eklund che ha messo a repentaglio le certezze intorno alle tecniche di neuroimaging ed è esperto di analisi sui dati ottenuti dagli studi sulle interfacce cervello–computer, con la risonanza magnetica funzionale .

La psicologia e l’assistenza all’interno del congresso avranno ampio spazio nella giornata di apertura giovedì 2 novembre. Negli hospice assistenti sociali e psicologi possono portare avanti una prospettiva che superi quella focalizzata sulla malattia andandosi a collocare su un piano che pone l’accento sulla cura del malato come persona, promuovendo l’umanizzazione delle cure e passando quindi dal vedere un paziente al vedere una persona all’interno di una prospettiva bio-psico-socio-spirituale. Entrambe le figure detengono infatti quelle competenze necessarie per ascoltare il paziente e individuare i bisogni, le necessità che porta nelle richieste che avanza quando si rivolge alle cosiddette professioni d’aiuto. Assistenti sociali e psicologi, nel totale rispetto della persona e della sua volontà, lavorano in un’ottica di promozione dell’autonomizzazione e dell’autodeterminazione dell’Altro, affinché la dignità della persona sia tutelata e custodita nell’intero percorso di cura, questione di immenso valore negli ambiti delle malattie terminali e quindi delle cure palliative.

Segnaliamo, inoltre, la sessione La vita di Welby all’Orto Botanico di Padova, via Orto Botanico 15, sabato 4 novembre alle ore 17.00 è prevista la proiezione del film Love is all. Piergiorgio Welby, Autoritratto. Alla proiezione saranno presenti Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby e Co-Presidente dell’Associazione Luca Coscioni, e Francesco Andreotti e Livia Giunti, registi documentaristi e docenti in Discipline dello spettacolo e della comunicazione dell’Università di Pisa. Il film documentario racconta la storia dell’uomo, affetto da un gravissimo stato morboso degenerativo, la cui sopravvivenza era assicurata esclusivamente per mezzo del respiratore automatico al quale era stato collegato sin dall’anno 1997. “Love is All” è un ritratto che tende all’autoritratto e nasce da nove anni di pedinamento delle tracce che la vicenda umana di Welby ci ha lasciato. È anche una storia d’amore che nasce dall’innamoramento degli autori per Welby che era un uomo che amava la vita, gli altri e la libertà. È stato proiettato alla Camera dei deputati il 20 dicembre scorso in occasione del decennale della sua morte e ha ottenuto di recente una menzione speciale per “L’attenzione originale ai temi del sociale” ai Nastri d’Argento 2017.

Per maggiori informazioni Programma Convegno Identity-agonies.

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