Chi produce i chip per tutti i nostri dispositivi?

[su_heading size=”16″ align=”left”]Questo articolo è tratto da un prezioso contributo di Bharath Ramsundar uscito recentemente nella sua newsletter “Deep into the Forest”[/su_heading]

Sommario

La produzione dei chip a semiconduttore, che sono alla base di tutti i dispositivi elettronici che usiamo quotidianamente, assume importanza sempre maggiore anche dal punto di vista politico. Molte aziende, come ad esempio Nvidia, tendono sempre più a esternalizzare il processo di produzione dei loro chip verso produttori quali ad esempio TSMC (Taiwan). Questi produttori, per la maggior parte concentrati al di fuori degli Stati Uniti, stanno quindi assumendo importanza sempre maggiore sia sotto l’aspetto geopolitico che economico. Affinché gli Stati Uniti possano mantenere la propria sicurezza tecnologica, secondo l’autore saranno necessari nei prossimi anni molti investimenti nella ricerca e nella nascita di startup.

Uno sguardo al passato dei semiconduttori

I chip sono il prodotto delle industrie di semiconduttori. Essi rappresentano il cuore digitale degli smartphone, dei tablet, dei pc e di tutti i dispositivi più o meno “intelligenti” che usiamo quotidianamente. Essi sono circuiti elettronici particolarmente complessi, costituiti da milioni di transistor, che rappresentano lo “strato di hardware” necessario al funzionamento dei moderni sistemi operativi e del software applicativo.

Negli ultimi decenni l’industria tecnologica si è focalizzata sul software, dando per scontato l’assunto della legge di Moore: questa derivava dall’osservazione che il numero di transistor che si riescono a integrare in un chip raddoppia all’incirca ogni due anni. Il fatto che questa osservazione si sia confermata per molti anni, ha spinto le aziende a darla per scontata anche per un indeterminato futuro: non era necessario super ottimizzare il codice software che veniva eseguito poichè in breve tempo sarebbe arrivata una nuova generazione di chip più veloci. Purtroppo negli ultimi dieci anni la legge di Moore ha cominciato a non rappresentare più la realtà poichè la costruzione di nuovi chip sempre più veloci diventa sempre più difficile.

Costi di produzione dei chip

Osserviamo il diagramma: nell’asse x troviamo la dimensione all’interno dei chip (5nm, 7nm, ecc.). Questo parametro, senza entrare in dettagli troppo tecnici, è quello che consente di integrare sempre più transistor in un chip, rendendoli di fatto sempre più veloci nella elaborazione del software. Come si vede dal grafico, tralasciando le aree colorate, il costo per la progettazione approssimativamente raddoppia ad ogni avnzamento tecnologico (da 10nm a 7nm, da 7nm a 5nm, ecc).

[su_spoiler title=”Approfondimento: la Fotolitografia”]

La fotolitografia è il metodo universalmente usato per la produzione dei chip, ma viene utilizzato anche per la fabbricazione dei MEMS (micro-electro-mechanical-systems). Il tipico processo litigrafico comprende diversi passi per fabbricare il chip a partire da un substrato di semiconduttore. Questi passi sono rappresentati nella figura.

Fotolitografia

  • Pulizia del substrato
  • Riscaldamento per far evaporare le tracce di umidità superficiali
  • Applicazione del photoresist
  • Esposizione del photoresist a un fascio di luce intensa. L’esposizione alla luce genera una reazione chimica tale che il photoresist esposto potrà essere in seguito rimosso mediante una speciale soluzione chiamata “bagno di sviluppo”. Il photoresist positivo, il più utilizzato, dopo l’esposizione alla luce diventa solubile al bagno di sviluppo (nella variante del photoresist negativo avviene il contrario, vedi figura).
  • Rimozione del photoresist dallo strato (etching). Tra i tanti metodi di etching, il più semplice ed economico resta quello per via chimica
  • Rimozione finale del photoresist e pulizia
  • [/su_spoiler]

    L’aumento dei costi di produzione dei chip

    Perchè i costi aumentano in maniera così importante, tanto da mandare in crisi quella legge di Moore che era stata la bibbia per tanti anni? Principalmente i motivi derivano dalla fisica. Allorché i transistor e tutte le componenti di un chip diventano fisicamente più vicine, alcuni effetti fisici diventano sempre più difficili da controllare: la dissipazione del calore, il rumore elettronico, gli effetti quantistici. L’immediata conseguenza è stata che la costruzione di un impianto per la produzione di chip (chiamato in gergo chip foundry o fab) richiede oggi investimenti miliardari.

    Questo trend verso una crescente complessità di produzione, ha generato la nascita di cosiddette aziende “fabless” ovvero aziende che fanno produrre i propri progetti di nuovi chip a compagnie esterne dedicate alla produzione in conto terzi. Questo ha permesso a tali aziende di concentrarsi sulla progettazione risparmiando le risorse economiche necessarie alla produzione. Ad esempio Nvidia, il re dei processori grafici che ritroviamo in tanti pc, affida la produzione dei propri chip sia a TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation) che a Samsung. Il fatto stesso che le due maggiori fabbriche di chip del mondo si trovino al di fuori degli Stati Uniti, pone un problema non di poco conto e ricco di conseguenze geopolitiche come accenneremo in seguito

    Intel contro TSMC

    Per comprendere l’evoluzione che ha avuto l’industria dei semiconduttori negli ultimi decenni, può essere utile confrontare due aziende cardine, Intel e la già nominata TSMC. Storicamente Intel è stato il gigante di questa industria, da sempre in posizione dominante. Diamo uno sguardo al titolo azionario Intel dl 1980 ad oggi.

    Intel valori azionari

    Sebbene il valore azionario non possa rappresentare perfettamente l’evoluzione tecnologica in atto, si comprende come la posizione di Intel si sia molto indebolita negli ultimi 20 anni. Intel ha avuto notevoli problemi nel penetrare il mercato dei chip per gli smartphone e questo ne ha ridotto la quota di mercato. Un’altra difficoltà è stata quella di affrontare il predominio di Nvidia nel mondo dei processori grafici. Come se non bastasse, recentemente Intel ha annunciato che il suo passaggio alla tecnologia 7nm sarà ritardato.

    Le difficoltà di Intel sono significative per il fatto che essa è la più grande azienda di semiconduttori che ancora produce i propri chip “in casa”. Appare evidente come le maggiori difficoltà produttive e di progetto cui si accennava hanno portato Intel a combattere su due fronti.

    Da rilevare anche un’altra tendenza, l’ingresso delle Big Tech nel mondo dei semiconduttori. Google ha iniziato nel 2016 la produzione dei suoi TPU (tensor processing units), particolari processori dedicati alla intelligenza artificiale. Altre aziende lo hanno imitato. Ad esempio Apple ha sviluppato il suo nuovo processore M1 internamente, permettendole così di non usare i chip Intel o AMD.

    Come hanno potuto questi newcomer produrre in così breve tempo chip competitivi? Il motivo si chiama TSMC. Questa azienda ha anche una storia interessante. TSMC è stata fondata da Morris Chang nel 1957, quando aveva 56 anni (questo lascia una speranza a tutti noi), dopo 25 anni di lavoro in Texas Instruments. Negli ultimi 30 anni essa è diventata il player dominante sulla scena dei semiconduttori: da semplice “terzista” che forniva extra capacità produttiva alle altre aziende, ha saputo nel tempo affinare le sue competenze tecnologiche. Vediamo il grafico del suo valore azionario negli ultimi 20 anni.

    TSMC valori azionari

    TSMC è adesso la fabbrica di semiconduttori dominate nel mondo con una capitalizzazione di borsa pari a circa 600 miliardi di dollari (Intel circa 240 miliardi). TSMC continua ad aumentare massicciamente i suoi investimenti in ricerca e sviluppo.

    Il maggior competitor di TSMC è probabilmente Samsung, l’una ha gli impianti a Taiwan mentre l’altra in Sud Corea. Questo spostamento dell’asse produttivo di semiconduttori dagli Stati Uniti all’Asia è un altro segnale di pericolo per le aziende tecnologiche americane.

    Va pur detto che negli Stati Uniti esistono ancora grandi fabbriche di semiconduttori oltre a Intel. Una di queste è GlobalFoundries che, forse significativamente, ha recentemente annunciato di aver di rinunciare a sviluppare la tecnologia a 7nm per concentrarsi su chip specializzati. Questo la esclude come potenziale concorrente di TSMC nella fascia alta. Altra azienda è la Skywater in Minnesota che si è concentrata sulla tecnologia a 90nm per rifornire principalmente DWave (azienda di computer quantistici) e il settore della produzione di sequenziatori di DNA.

    Alcune note geopolitiche

    Uno dei grandi temi in corso in questi anni è la tensione crescente a causa delle mire espansionistiche della Cina. Da Hong Kong alle tensioni con l’India fino alle attività militari nel mare della Corea del Sud. Nella nostra ottica, spicca la costante pressione della politica estera cinese verso la conquista di Taiwan. Molti commentatori internazionali si domandano se non sia proprio l’alto profilo strategico di TSMC il vero motivo delle mire espansionistiche cinesi verso Taiwan.

    Stante l’impossibilità da parte degli Stati Uniti di impedire la conquista di Taiwan, si solleva un importante problema: cosa farebbero le aziende americane nel caso di un passaggio di TSMC in mano cinesi? Le uniche alternative di backup sembrano essere Samsung o GlobalFoundries. Apple ad esempio sta pensando di girare parte della produzione verso le fabbriche di Samsung.

    Gli Stati Uniti sono ben consci dai rischi della loro dipendenza da TSMC. Tuttavia la cosa non è di facile risoluzione, tanto meno immediata. E’ probabile, secondo l’autore, che in un prossimo futuro gli Stati Uniti dovranno ridimensionare i loro sforzi nella ricerca e sviluppo di chip dedicati alla intelligenza artificale in favore di nuove e più efficienti tecniche di produzione dei semiconduttori. Parallelamente sarà auspicabile la nascita di nuove startup nel mondo dei semiconduttori, cosa che potrà essere facilitata se nuove tecnologie di produzione riusciranno a diminuire l’entità degli investimenti necessari.

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Carlo Bazzo è fondatore di Epysoft, sysadmin e network engineer per due multinazionali, talvolta marketing consultant per Xerox, KeyPoint Intelligence, HP. E' contattabile via Linkedin o su Twitter.