Blockchain, non solo criptovalute. Sicurezza e rivoluzione di una tecnologia
La tecnologia della Blockchain, nata nel 2008, nell’immaginario collettivo è legata al concetto di criptovaluta. Una criptovaluta altro non è che una serie numerica concatenata in maniera immutabile sotto forma di blocchi di bit all’interno di una catena (Blockchain). La Blockchain ha anche una seconda caratteristica: è gestita “democraticamente” tra utenti che partecipano al processo. Ma questa è solamente una delle applicazioni possibili.
La Blockchain fa già parte del nostro tessuto sociale: è stato infatti creato un team di esperti afferenti al Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) e con un decreto legge approvato dal Senato viene finalmente riconosciuta la validità giuridica delle “tecnologie basate su registri distribuiti”.
Le commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici hanno accolto formalmente nella legislazione due concetti: Blockchain e Smart contract. Per Blockchain si intendono “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”. Smart contract è invece un “programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”.
Ma quanto sono effettivamente sicure queste tecnologie? Cosa vuol dire sviluppare un progetto ex-novo basato su Blockchain e che sfrutti a pieno il potenziale degli smart contract?
In un recente incontro tenutosi all’Università di Padova dal titolo “Blockchain: le sfide della sicurezza nell’era di Bitcoin”, il Professor Mauro Conti, coordinatore del gruppo SPRITZ – Security and Privacy Research Group e membro del team di esperti del MISE, ha detto che «queste tecnologie sono giunte a una maturità sufficiente per poter essere impiegate con successo non solo in ambito accademico, ma anche in quello aziendale e della pubblica amministrazione.
Le tecnologie basate su registri distribuiti permettono di disegnare servizi nuovi e rendere più efficienti e completi quelli attuali, nonché semplificare molti aspetti della vita delle persone e delle aziende, permettendo allo stesso tempo di mantenere elevati standard di sicurezza».
Tra i benefici che tale tecnologia porterebbe alle aziende troviamo la possibilità di fornire ai propri clienti un registro immutabile a loro disposizione per tenere traccia della creazione, modifica e condivisione di documenti sensibili. Dall’altro non bisogna sottovalutare le possibili minacce di sicurezza come il flooding di messaggi ai nodi partecipanti, in sostanza l’invio a grande velocità di una serie di messaggi che ricorda, nella terminologia inglese, un effetto di “allagamento”.
Il team dell’Università di Padova si è particolarmente concentrato nello studio dei ransomware in ambito Blockchain. Si tratta dei malware che limitano l’accesso del dispositivo che infettano, richiedendo poi un riscatto (ransom) da pagare per rimuovere la limitazione: questa tipologia di virus ha sfruttato l’anonimato dei circuiti monetari per poter facilmente estorcere soldi.
Nell’ultimo anno forti speculazioni economiche hanno fortemente scosso la solidità delle cripto valute. Dall’incontro è emerso che bisognerebbe separare il concetto di tecnologia da quello dei suoi usi: le aziende che investono in Blockchain, non in criptovalute, hanno potenzialità di sviluppo maggiori. E la stessa cosa si può dire per la ricerca: la tendenza futura in ambito accademico è quella di utilizzare il “sistema Blockchain” al fine di fondere le sue caratteristiche di libro mastro (ledger) condiviso e immutabile con un gran numero di approfondimenti tra i diversi campi di studio.
Hanno partecipato all’incontro Mauro Conti dell’Università di Padova, Giovanni Maria Martingano e Fabio Canevarolo, Ifin Sistemi, Ankit Gangwal, Stefano Cecconello e Chhagan Lal, ricercatori del gruppo SPRITZ, Michele Todero.
La giornata di studio è stata organizzata da SPRITZ group dell’Università degli Studi di Padova, specializzato in sicurezza informatica e privacy, e dall’azienda Ifin Sistemi di Padova, dal 1981 nel mercato nazionale dei servizi digitali, e che opera nell’ambito della Blockchain.