Tipoteca Italiana: il carattere della memoria

Tipoteca Antiga

Il carattere della memoria

La storia della scrittura è una storia antica quanto quella dell’uomo. Anzi, per certi versi, rappresenta la storia stessa dell’umanità. Da quando questo mammifero si è alzato sugli arti posteriori, prendendo coscienza di se stesso e della realtà che lo circonda, si è subito manifestata in lui la necessità di comunicare, prima attraverso il suono e la parola, poi attraverso il linguaggio scritto-grafico, le sue sensazioni e le sue emozioni. In sintesi il suo appartenere al mondo.

Ma, se lo scrivere su qualsiasi supporto denuncia da un lato l’irrinunciabile necessità del confrontarsi, dall’altro evidenzia anche il bisogno di tramandare ai posteri qualcosa di durevole e di immodificabile; una sorta di “perenne signum” del proprio modo di pensare e di essere. Forse lo scrivere non nasconde nient’altro che l’ambizione dell’uomo di essere immortale o, almeno, sperare di esserlo. Scomparso il suo corpo, saranno il suo pensiero e la sua personalità ad essere eterni proprio grazie alla scrittura. “Scripta manent, verba volant” dicevano i latini; ciò che è stato scritto rimane per sempre. Le incisioni rupestri risalenti al Neolitico, i papiri egiziani, le tavole numeriche, le incisioni lapidee romane, i trattati d’architettura del XV e XVI secolo e perfino i moderni computer sono, tutti quanti testimonianze di questo sogno.

Dalla felice invenzione della stampa, da Gutenberg in poi, l’arte della scrittura ha sempre visto come fedele compagno di viaggio la presenza del carattere tipografico. Elemento fondamentale dello stampare, pur con le sue inevitabili trasformazioni, questa geniale e preziosa manifestazione dell’ingegnosità umana può essere considerata come uno degli elementi che maggiormente hanno segnato la vita e l’esistenza della comunicazione stampata. Un fedele strumento che imprime e registra sul supporto materico la spiritualità stessa del genere antropico. Evidente, quindi, come la fucina tipografica con la produzione e l’impiego dei caratteri da stampa abbia, nell’era considerata moderna, rivestito una funzione estremamente importante per la creazione e la diffusione di un linguaggio comunicativamente moderno e veloce.

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La Tipoteca Italiana

A Cornuda, piccolo centro della provincia di Treviso, la magia dello stampare si concretizza nel lavoro sapientemente artigianale della tipografia/stamperia dei fratelli Antiga che, attorno agli anni ’60, va ad occupare con le sue strutture operative una parte del vecchio canapificio ottocentesco “Antonini-Ceresa”, ormai giunto al termine della sua attività produttiva.

La modernizzazione dei meccanismi operativi di stampa, sostanzialmente l’introduzione del digitale, ha, in tempi più recenti, imposto il trasferimento dell’attività lavorativa tipografica all’interno di nuovi spazi architettonici, liberando così le originarie strutture da ogni impellenza legata al mondo della produzione.

La volontà da parte dei fratelli Antiga di mantenere comunque vivo il ricordo e la memoria dei vecchi sistemi operativi della stampa tradizionale, ha dato vita all’idea di creare e collocare all’interno di questi manufatti architettonici, ormai dismessi, una tipoteca, cioè una vera e propria istituzione capace di organizzarsi per conservare, riproporre e lavorare con e sul carattere da stampa. Gli spazi museali sono organizzati nei locali dell’ex chiesa di Santa Teresa e nell’adiacente foresteria.

La diretta e logica conseguenza di questo intendimento è stata la volontà di programmare un intervento progettuale capace di esprimere una struttura architettonica polifunzionale che, da un lato si presenta come un vero e proprio luogo museale, dall’altro individua ambienti spaziali autonomi delegati alle attività di carattere didattico e gestionale, funzionali alla produzione degli stampati. Affidata alla sapiente sensibilità degli architetti Cinel, Ferrando y Arrufat, Pescarollo e Prandi, la riqualificazione dei vecchi edifici tipografici obsoleti permette a questi ultimi di rivivere una nuova funzionalità non più di tipo produttiva ma pedagogico-evocativa.

L’ossatura portante della nuova tipoteca risulta essere il percorso museale che pilota tutta l’organizzazione tipologico-funzionale degli edifici della nuova istituzione.

Questo percorso protetto è strettamente funzionale alla visita degli ambienti della fondazione permettendo, ad un pubblico interessato o semplicemente incuriosito, di conoscere ed ammirare i mezzi e le tecniche operative specifici dello stampare. Come una specie di filo d’Arianna conduce il visitatore all’interno di ambiti spaziali nei quali si srotola, come in un filmato, la storia di quella, che fino a poco tempo fa, è stato il mondo dell’editoria tipografica.

Ed è proprio all’interno dell’officina di stampa che questo percorso si materializza concretamente attraverso una rampa in acciaio, vera e propria promenade architettonica, che taglia diagonalmente lo spazio esistente consentendo al visitatore aeronautiche e dinamiche visioni, a livelli differenti, di possenti macchine da stampa ancora perfettamente funzionanti.

Ma il settore museale, per quanto importante, non occupa in maniera globale tutta la disponibilità spaziale della fondazione. Accanto a quest’ultimo, infatti, coesistono in maniera strettamente intersecata aree destinate all’espletamento delle mansioni di carattere didattico e gestionale.

Un esempio in tal senso è rappresentato dall’officina per il restauro dei macchinari tipografici “Saroglia“. Situata al piano terreno di uno dei due edifici della fondazione, quest’area funzionale assolve contemporaneamente sia alle necessità di carattere pratico operativo per le quali è stata creata, sia a quelle di carattere pedagogico. Permette infatti al pubblico la visione, attraverso una ricurva parete metallica traforata, di quanto accade durante le normali procedure lavorative inerenti il restauro dei macchinari usati per stampare.

In quest’intervento architettonico a più mani, una parte importante, non solo strutturale, è recitata dall’acciaio. In maniera non invasiva, quasi aerea, questo materiale delimita spazi e crea quinte architettoniche. Assolve alle funzioni di carattere statico e genera trasparenze spaziali. Impiegato con tatto ed esperienza instaura un rapporto dialettico e visivo con l’acciaio delle stampatrici meccaniche e con quello degli archivi dei caratteri mobili. In sintesi risulta l’elemento costruttivo che ha permesso ad una vecchia tipografia dismessa di trasformarsi in un locus speciale che, se attraversato con attenzione, contribuirà a rinsaldare in noi la convinzione che la stampa, di qualunque tipo essa sia, in quanto manifestazione sublime dell’ingegno umano, assume realmente una condizione metatemporale e quindi d’immortalità.

Aver pensato, progettato e realizzato un piccolo tempio capace di preservare e rievocare tale condizione non deve essere stata impresa di poco conto. Un particolare ringraziamento, quindi, a tutti quelli che hanno reso possibile la realizzazione di questa magia.

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Informazioni su Manuele Elia Marano 5 Articoli
Manuele Elia Marano nasce ad Udine l’8 dicembre 1958. Laureato in Architettura segue per più anni, presso lo IUAV di Venezia, i corsi di fotografia tenuti dal fotografo Italo Zannier. Si è da sempre interessato al linguaggio fotografico, prima analogico ed in seguito digitale. Partendo dalla fotografia architettonica ha successivamente rivolto i suoi interessi anche al paesaggio ed alla figura umana.