Moduli LED e illuminazione allo stato solido

Albero della vita Expo 2015 | I moduli LED

La nuova illuminazione allo stato solido

La disponibilità sul mercato di LED ad emissione luminosa bianca (ma non solo), ad alta efficienza luminosa (>100 lm/W), di differenti potenze e a prezzi contenuti, ha innescato un utilizzo su scala mondiale di questo prodotto in tutti i campi della illuminazione sia tecnica che decorativa. Quella in corso è una vera e propria rivoluzione tecnologica nel campo dell’illuminazione artificiale, tanto da sentire parlare sempre più spesso di illuminazione allo stato solido (SSL – Solid State Lighting).

L’espressione fa riferimento al fatto che i fotoni sono emessi da dispositivi (cristalli) a semiconduttore e non sono emessi per irraggiamento generato dal surriscaldamento di un filamento metallico (incandescenza) o per luminescenza da parte di un gas ionizzato come avviene nelle attuali lampade a scarica.

Apice–LED 10 anni di storia

LED protagonista del design illuminotecnico

La flessibilità di utilizzo dei LED, la loro versatilità, l’accensione immediata e la facilità di controllo ha consentito lo sviluppo di apparecchi di illuminazione o di elementi/scenari decorativi come mai prima era stato possibile.

Il LED come sorgente puntiforme di luce e le relative tecniche per la diffusione e/o concentrazione della luce consente ai creativi e ai designer di realizzare apparecchi di illuminazione e scenari illuminotecnici partendo da quelli elementi fondamentali della pittura e della grafica che Wassily Kandinsky (1866-1944) citò nel suo famoso scritto come il “punto”, la “linea” e la “superficie”. Il LED si presta perfettamente a questo utilizzo.

Luci LED stripes

Norme generali e classificazioni

Dal punto di vista tecnico si è presentata invece la necessità di standardizzare, sia in termini di sicurezza che di prestazioni, gli apparecchi o installazioni a LED, portando alla stesura di norme tecniche dedicate.

Nel contesto di questo articolo, nasce quindi la definizione di “modulo LED” che possiamo considerare come l’elemento base “tecnico” di qualsiasi prodotto di illuminazione che utilizzi LED sia che esso rappresenti un punto (un singolo LED), una linea (una riga di LED), una superficie (una matrice di LED) o una qualsiasi combinazione di questi.

Come indicato dalla IEC (International Electrotechnical Commission), ad esempio nella IEC 62031:2008 “LED modules for general lighting – Safety specifications”, con moduli LED si intendono delle unità alimentabili come sorgenti di luce. Esse sono realizzate con uno o più LED e possono essere costituite di altre parti ottiche, meccaniche, elettriche ed elettroniche ad esclusione dell’alimentatore principale.

I moduli LED costituiscono peraltro una grande famiglia che, con riferimento alle alimentazioni, si possono classificare in, vedi IEC 62717 LED module for general lighting – Performance Requirements: self-ballasted (alimentatore incorporato), semi-ballasted (alimentatore principale esterno ma elettronica di controllo a bordo del modulo LED) e not-ballasted ossia con tutta l’elettronica esterna.

Inoltre, con riferimento all’utilizzo e sostituibilità, i Moduli LED si possono distinguere nelle versioni “integrati”, “da incorporare” e “indipendenti”.

I moduli LED integrati non sono sostituibili, se non danneggiando permanentemente l’apparecchio di illuminazione.

Le versioni da incorporare sono parte sostituibile di un apparecchio e qui non possiamo non citare il consorzio Zhaga, che con i suoi book stabilisce i criteri dell’intercambiabilità di moduli standard tra i diversi costruttori.

I Moduli LED indipendenti sono di per se apparecchi a LED semplificati, con una loro precisa struttura, che possono essere montati separatamente dall’apparecchio principale. Tra i più comuni moduli a LED da incorporare non legati a particolari standard, possiamo trovare elementi singoli come dischi, barre, anelli, e naturalmente forme di ogni sorta seguendo la fantasia e le necessità dei designer e dei progettisti.

Le normative internazionali

Ogni modulo LED deve rispondere a normative internazionali (alcune già citate) che ormai possiamo dire ben consolidate.

Tra queste citiamo la IEC 62031:2008 + AMD1:2012 + AMD2:2014 CSV per la sicurezza, la IEC 62717:2014 per le prestazioni illuminotecniche, la IEC 60838-1:2004+AMD1:2008+AMD2:2011 CSV per le connessioni elettriche e la IEC-TR 62778 per la modalità di applicazione della CEI EN 62471 per la sicurezza fotobiologica.

Queste norme hanno fatto chiarezza quindi su questioni di sicurezza, marchiatura e prestazioni.
In termini di sicurezza elettrica, citiamo come esempio la prova di “Overpower”, dove il modulo LED viene alimentato al 150% della tensione (o corrente) nominale per un periodo di 15 minuti: il modulo passa il test se non produce gas infiammabili e non sviluppa fuoco o fumo.

Per altri parametri (applicabili su moduli semi-ballasted o ballasted), come le distanze di sicurezza tra i conduttori sia in aria (clearance) che su superficie (creapage), la protezione dai contatti accidentali, la rigidità dielettrica, la resistenza al tracking, all’umidità, al fuoco, alla corrosione ecc., si applica la IEC 61347-1 (lamp control gear – part 1 General and safety requirements).

In merito al rischio foto biologico, ossia in termini di possibili danni alla retina dell’occhio umano a causa della riga blu emessa dal LED, il modulo va valutato in accordo con la IEC-TR 62778, per stabilirne il grado di rischio (RG0, RG1, RG2, RG3).

Per quanto riguarda la marchiatura anche qui è stato fatto ordine ed è obbligatorio indicare sul modulo LED il costruttore (o il venditore responsabile), il modello e/o codice dell’articolo, la tensione di alimentazione (se è un modulo a tensione costante) e facoltativamente la corrente, la corrente di alimentazione (se è un corrente costante) e facoltativamente la tensione, la frequenza della alimentazione (se diversa da 0). In aggiunta vanno indicati sul modulo il punto di tc (rated maximum temperature – temperatura massima di lavoro) con il suo il valore e il punto di tp (performance temperature), punto sul quale si misura la temperatura con riferimento alle prestazioni del modulo. In merito al grado di rischio per danno foto biologico, si può omettere la dicitura se questa è RG0 o RG1 mentre, se la valutazione porta a definire un illuminamento di soglia Ethr (ad es tra RG1 e RG2), la marcatura andrà eseguita in base ai livelli di illuminamento generati dall’apparecchio e in base alla distanza dell’osservatore.

Le prestazioni dei moduli LED

In merito alle prestazioni del modulo, queste coinvolgono i seguenti aspetti: potenza elettrica assorbita, flusso luminoso emesso, efficienza (in lm/W), coordinate cromatiche e temperatura di colore correlata (CCT), Resa cromatica (CRI) e distribuzione dell’intensità luminosa.

Il metodo di misura indicato è quello della Illuminating Engineering Society (IES) con la IES LM79-08 (Electrical and Photometric Measurements of Solid-State Lighting Products). Tutti questi parametri vanno di pari passo con le prestazione del LED, del materiale di supporto (circuito stampato), delle ottiche, dell’elettronica di controllo (se a bordo del modulo) e del dissipatore di calore (per tenere bassa la temperatura del LED).

Per quanto riguarda invece il mantenimento del flusso luminoso (Lumen Maintenance) e il mantenimento del punto di colore (Color Maintenance), i LED vengono testati dai costruttori secondo la IES LM-80-15 che sostituisce oggi la nota LM80-08 per i dati sperimentali. Oltre le 6000, o meglio 10.000h di test sperimentali si usa invece la IES TM-21-11 per la proiezione statistica del decadimento del flusso luminoso.

Per quanto riguarda il mantenimento del flusso luminoso (LM Lumen Maintenance), è stato introdotto il parametro Lx (in ore). Ad esempio, L70 = 35.000h indica che dopo 35.000 ore e ad una determinata temperatura tp i moduli emettono un flusso luminoso che è almeno il 70% di quello iniziale, essendo questo un dato statistico che coinvolge una certa popolazione di campioni. Sono stati introdotti anche i parametri B e C, che definiscono il decadimento graduale (B) e quello brusco (C) della popolazione. Ad esempio, L70B10 ci indica che non tutti i moduli emettono almeno il 70% della luce iniziale ma ce n’è un 10% che è sotto questo valore. L0C10 definisce invece la percentuale di moduli che si guastano (decadimento brusco). La combinazione di questi fattori (B decadimento graduale e C decadimento brusco) porta alla definizione del fattore “F” Failure rate. Valori standardizzati, che devono essere dichiarati dal costruttore, sono ad esempio: L90F10, L90F50, L80F10, L80F50 ecc.

Il resto delle prestazioni fotometriche si riassumono nel “photometric code”, codice fotometrico (ad esempio 830/359) che indica: CRI iniziale (8=80), Temperatura di colore iniziale (30=3000), la dispersione cromatica iniziale (3 = 3-step MacAdam ellipse), la dispersione cromatica massima dopo il 25% della vita o 6000h ( 5 = 5-step MacAdam ellipse) e il flusso mantenuto dopo il 25% della vita dichiarata o 6000h (9 = 90% del flusso iniziale).

Conclusioni

In conclusione possiamo dire che la scienza dell’illuminazione allo stato solido (SSL) è ancora giovane e continui miglioramenti, sia tecnologici che normativi, sono sempre dietro l’angolo. Come esempio, citiamo l’evoluzione della IES LM-80-08 che dal 26 giugno 2015 è stata sostituita dalla ANSI/IES LM-80-15 che amplia la precedente andando ad analizzare non solo il mantenimento del flusso luminoso ma anche come cambia nel tempo il flusso radiante, il flusso di fotoni, il punto di colore (cromaticità) ed il picco della lunghezza d’onda emesso dal LED. Sono state inoltre ampliate anche le possibilità di pilotaggio del LED che includono oggi anche la modulazione a larghezza di impulsi (PWM) e l’alimentazione a tensione costante sia DC che AC.

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